Educhiamoci

Educhiamoci

Il cibo secondo stagione

Mangiare cibo locale significa riscoprire in quale stagione matura un frutto, in quali mesi dell’anno cresce una verdura, o in quale periodo si usa fare un tipo di formaggio, a differenza di quanto accade acquistando cibo nei grandi supermercati dove, per soddisfare le esigenze di tutti i clienti, vengono importati cibi fuori stagione provenienti da lontano, o si acquistano cibi in serra, come la frutta e la verdura coltivati per tutto l’anno. La serra è un sistema agricolo molto complesso, ve ne sono di molti tipi in base a ciò che si deve coltivare, al mercato a cui la coltivazione è rivolta e alle condizioni climatiche che occorre ricreare all’interno della serra.Per la presenza di strutture che coprono le coltivazioni, la serra si dice anche coltura protetta con cui si intende la produzione che si esegue in ambiente protetto, influendo sul controllo dei fattori ambientali che condizionano la crescita della pianta. Le protezioni impiegate vanno dal semplice tunnel in plastica, posto sulla singola fila, ai più ampi tunnel in film plastico, fino alle serre in vetro con struttura in ferro o in alluminio.Le colture protette, in Italia, rivestono una notevole importanza economica sia per la loro estensione (oltre 27 mila ettari), sia per la produzione, destinata all’esportazione, di prodotti freschi a largo consumo.Le serre interessano prevalentemente la coltivazione di ortaggi (circa l’85%), in cui prevalgono pomodori, patate, peperoni e melanzane (appartenenti alla famiglia delle solanacee), cocomeri, meloni, cetrioli, zucche e zucchine (appartenente alla famiglia delle cucurbitacee).Il restante 15% della produzione in serra è destinato al mercato dei fiori e in misura minore delle piante arboree da frutto, settore quest’ultimo che presenta l’incremento maggiore in superficie. Quello che occorre in una serra riguarda il riscaldamento, la ventilazione, l’irrigazione, l’illuminazione e l’ombreggiamento, tutte pratiche che richiedono molta energia e acqua con conseguenti impatti sull’ambiente.La serra è, infatti, una coltivazione forzata che, per definizione, non rispetta i ritmi della terra e cerca di riprodurre costantemente condizioni climatiche simili alla stagione estiva.Se un tempo le serre venivano utilizzate per proteggere i prodotti invernali più delicati dalle gelate, oggi servono per produrre cibo che va al di là delle stagioni e per poter rispondere con costanza e rapidità alle richieste del mercato, della grande distribuzione e dei consumatori. QUALI STAGIONI? Ormai il consumatore acquista in base a ciò che trova sul banco, in base a ciò che propone la Grande Distribuzione Organizzata (GDO), ossia tutto e sempre.E’anche per questo che non conosciamo più con precisione quali alimenti in natura siano prodotti in una data stagione e riusciamo a dedurre che sono cibi fuori stagione solo leggendo la provenienza sull’etichetta della confezione.Forse si potrebbe ritornare ai calendari culinari, dove ad ogni mese erano associati cibi e ricette di quella stagione: i cavolfiori in inverno, le ciliegie in primavera, i pomodori e i peperoni in estate, gli agrumi dall’autunno all’inverno e così via.Da anni, ad esempio, i pomodori, nelle numerose varietà esistenti, entrano nelle nostre case per tutti e 12 i mesi, senza che nemmeno ci chiediamo come sia possibile. Stessa sorte per zucchine, cavolfiori e fagiolini. Le serre e l’importazione dall’altro emisfero ci hanno assuefatto ed abituato a non collegare più il clima a diversi tipi di cibo: non dovremmo forse sorprenderci se vediamo un peperone in vendita a dicembre? E ancora di più dovrebbe sorprenderci sapere che i produttori di ortaggi in serra buttano via i propri prodotti nel momento in cui maturano naturalmente quelli di campo: quindi, le serre in cui si coltivano cibi estivi hanno un picco di attività durante i mesi invernali per poi decrescere tanto più ci si avvicina al momento della maturazione naturale.Un produttore italiano di cavolo rapa, ad esempio, che vende il suo prodotto di serra in Germania come prodotto fuori stagione, da febbraio in poi non raccoglierà più i suoi cavoli rapa perché il costo della raccolta supererebbe il guadagno che può ottenere dalla vendita. Questo accade perchè da febbraio in poi il prodotto di serra dovrà avere un prezzo competitivo con i cavoli rapa prodotti nei campi.Lo stesso avviene per i pomodori di cui parlavamo prima: quelli coltivati in serra verranno raccolti e venduti da aprile a metà giugno, finché ci sarà margine di guadagno per il produttore, ma nel momento in cui matureranno i pomodori da campo e i prezzi caleranno il produttore lascerà marcire nelle serre tutti i pomodori: raccoglierli sarebbe solo un costo!Non coltivare tutto in serra e importare minori quantità da lontano sono pratiche che possono limitare i numerosi impatti ambientali, semplicemente perché si sceglie di seguire i ritmi della terra e del clima: mangiare cibo proveniente dall’altro emisfero, come frutta esotica e caffè, è un lusso che l’uomo soddisfa da secoli, ma trasportare per lunghe distanze lo stesso cibo che la propria terra produce localmente suona forse come una forzatura, così come consumare energia per riscaldare le serre che simulino la stagione estiva per mangiare a gennaio le primizie estive.Comprare cibo di stagione in certi casi agevola anche l’economia locale, rendendo la filiera agroalimentare più corta e portando profitto direttamente a chi produce nella zona in cui voi acquistate

Educhiamoci

L’agricoltura biodinamica

Nata in Germania negli anni Venti sulla base degli insegnamenti del filosofo esoterista austriaco Rudolf Steiner, l’agricoltura biodinamica considera come un unico sistema il suolo e la vita che si sviluppa su di esso (la terra è un organismo vivente e le piante sono suoi organi che respirano e digeriscono). Il metodo biodinamico, che ha basi in parte filosofiche e in parte scientifiche, si fonda su due principi fondamentali:• il compostaggio: per migliorare la qualità del terreno e dei raccolti restituendo alla terra le “energie vitali”, si utilizzano preparati di origine vegetale e animale che intensificano i processi di formazione dell’humus nel terreno, favoriscono il miglioramento della qualità dei frutti, regolano e ottimizzano i processi di compostaggio dei materiali organici;• Il calendario: le operazioni colturali (preparazione del terreno, semina, coltivazione e raccolta) seguono i ritmi del cosmo, sono cioè legate alla posizione della luna e di altri pianeti al momento dell’operazione. Naturalmente è vietato l’utilizzo di erbicidi e pesticidi, sostituito dalla stimolazione della vita microbica e dall’uso di pratiche colturali tradizionali (quali rotazioni, coltivazione di leguminose per arricchire il terreno di composti azotati, aerazione del suolo, utilizzo di piante adatte al territorio, ecc.). I punti critici dell’agricoltura biodinamicaSecondo i sostenitori della teoria biodinamica più di sessanta anni di esperimenti hanno dimostrato che, unitamente ad altre tecniche agricole, è possibile massimizzare la qualità dei prodotti e nello stesso tempo ottenere rese molto vicine o a volte superiori a quelle convenzionali.Alcuni oppositori contestano, invece, che non ci sia nulla di scientifico nei suoi insegnamenti e che si possono ottenere risultati analoghi applicando i principi della agricoltura biologica.

Educhiamoci

I dieci cibi che mangiamo troppo poco

Ci sono alcuni alimenti particolarmente presenti nelle nostre diete alimentari e altri che, pur con molti benefici, trascuriamo. Ecco i dieci cibi più trascurati da imparare a inserire nella dieta per sfruttarne gli effetti positivi. Sono cibi che in gran parte mancano dalle nostre tavole, se pure con qualche eccezione. Barbabietole rosse: ricche di folati e antiossidanti, specialmente se consumate a crudo.Cavolo: ricco di sulforafani, utili nella prevenzione dei tumori.Bietola: ricchissima di carotenoidi anti-invecchiamento.Cannella: utile per il controllo di glicemia e colesterolo.Melograno: contro ipertensione e ricco di anti-ossidanti.Prugne secche: anch’esse ricche di anti-ossidanti.Semi di zucca: ricchissimi di magnesio.Sardine: ricchissime di omega-3, calcio, ferro, fosforo, potassio, zinco e manganese.Zafferano: potente anti-infiammatorio e anti-tumorale.Mirtilli: ricchi di anti-ossidanti.

Educhiamoci

Buoni motivi per consumare prodotti locali

I prodotti locali vengono di norma consumati al termine del naturale ciclo di vita stagionale, con conseguente valorizzazione del gusto e minor costo. Tempi di trasporto dal raccolto al consumo superiori ai tre-quattro giorni riducono notevolmente profumo, sapore e principi nutritivi dei cibi freschi. Anche i prodotti surgelati o inscatolati vicino al luogo di produzione e subito dopo la maturazione sono più nutrienti e migliori di un alimento consumato “fresco” ma dopo una settimana di trasporti o di permanenza in una cella refrigerata. Acquistare cibi prodotti da fattorie che vendono direttamente sul mercato locale significa favorire la conservazione della biodiversità agraria e delle varietà “storiche” delle piante, quelle cioè che sono il frutto di una selezione naturale operata negli anni da generazioni di contadini perché più buona, produttiva e resistente. Le pratiche agricole moderne, al contrario, tendono a privilegiare una ristretta rosa di varietà, scelte solo per la loro capacità a maturare simultaneamente e a conservarsi più a lungo. Consumare cibi prodotti da fattorie locali significa anche contribuire al mantenimento di sistemi ecologici più corretti in cui l’intreccio di differenti colture (fieno, frutti, ortaggi, bosco e siepi) permette la sopravvivenza della fauna selvatica, previene l’erosione dei suoli, arricchisce l’humus del terreno grazie alle concimazioni naturali. Il cibo locale è, inoltre, più frequentemente esente da OGM. Acquistare alimenti provenienti dal luogo in cui si vive o in cui ci si trova e quindi prodotti in Italia offre garanzie di freschezza e genuinità e – soprattutto se si tratta di cibi tutelati da un marchio di qualità (Doc, Dop, ecc.) – trasparenza e correttezza sulla materia prima, il processo di lavorazione, il luogo di produzione, ecc. Conoscere e consumare piatti e prodotti della tradizione locale contribuisce, infine, a tramandare una parte importante della nostra storia e della nostra identità culturale.

Educhiamoci

Partire dall’alimentazione per sentirsi in forma

La quantità di cibo di cui abbiamo bisogno dipende dall’età, dal peso, dal sesso e dal tipo di attività che svolgiamo. L’energia che i cibi forniscono al nostro corpo si misura in calorie. Alcuni alimenti danno più calorie di altri. Eccessive quantità di grasso corporeo e di zuccheri aumentano il rischio di malattie (obesità, diabete, infarto). Un’eccessiva magrezza, al contrario, obbliga il corpo ad intaccare le riserve muscolari e gli organi interni. Una dieta alimentare corretta deve essere varia e fornire quantità adeguate di tutte le sostanze nutritive fondamentali poiché ogni alimento svolge una funzione ben precisa. Stare seduto, guardare la televisione, usare il computer, stare in piedi inattivo fa consumare al nostro corpo poco più di una caloria al minuto. Camminare piano ne fa consumare 2 o 3, correre in bicicletta 11, correre a piedi 15. Per “smaltire” una bibita in lattina bisognerebbe camminare per 42 minuti, per una caramella ce ne vogliono 17, per un gelato 110. Qualche consiglio: non fare diete “fai da te”  (digiuni, diete con troppa carne, ecc.). Non saltare nessun pasto della giornata; consumare 5-7 porzioni al giorno di frutta e verdura, meglio se di tutti e cinque i colori nell’arco di una stessa giornata; consumare  spesso pane, pasta, riso integrali e aumentare il consumo di legumi; limitare il consumo di merendine confezionate e pizza, perché sono ricche di grassi (spesso di cattiva qualità), di conservanti e di zuccheri; meglio utilizzare gli zuccheri semplici (frutta, miele) o le marmellate; limitare  il consumo del saccarosio (lo zucchero nelle caramelle, torroni, gomme americane) e l’uso delle gomme americane che, anche se sono senza zucchero, aumentano il rischio di carie a causa dell’eccessiva salivazione  provocata; bere molta acqua (almeno 6 bicchieri al giorno) e non bibite gasate ricche di zucchero e di sostanze chimiche che, oltre a fornire un surplus di calorie, ostacolano l’assorbimento di molte sostanze utili (come per esempio il calcio); fare molto esercizio fisico (come salire le scale, andare a piedi, praticare attività sportive, svolgere piccoli lavori domestici) tutti giorni.

Educhiamoci

Conosciamo ancora qual’è il cibo di stagione?

Ormai il consumatore acquista in base a ciò che trova sul banco, in base a ciò che propone la Grande Distribuzione Organizzata (GDO), ossia tutto e sempre. E’anche per questo che non conosciamo più con precisione quali alimenti in natura siano prodotti in una data stagione e riusciamo a dedurre che sono cibi fuori stagione solo leggendo la provenienza sull’etichetta della confezione.Forse si potrebbe ritornare ai calendari culinari, dove ad ogni mese erano associati cibi e ricette di quella stagione: i cavolfiori in inverno, le ciliegie in primavera, i pomodori e i peperoni in estate, gli agrumi dall’autunno all’inverno e così via.Da anni, ad esempio, i pomodori, nelle numerose varietà esistenti, entrano nelle nostre case per tutti e 12 i mesi, senza che nemmeno ci chiediamo come sia possibile. Stessa sorte per zucchine, cavolfiori e fagiolini. Le serre e l’importazione dall’altro emisfero ci hanno assuefatto ed abituato a non collegare più il clima a diversi tipi di cibo: non dovremmo forse sorprenderci se vediamo un peperone in vendita a dicembre? E ancora di più dovrebbe sorprenderci sapere che i produttori di ortaggi in serra buttano via i propri prodotti nel momento in cui maturano naturalmente quelli di campo: quindi, le serre in cui si coltivano cibi estivi hanno un picco di attività durante i mesi invernali per poi decrescere tanto più ci si avvicina al momento della maturazione naturale.Un produttore italiano di cavolo rapa, ad esempio, che vende il suo prodotto di serra in Germania come prodotto fuori stagione, da febbraio in poi non raccoglierà più i suoi cavoli rapa perché il costo della raccolta supererebbe il guadagno che può ottenere dalla vendita. Questo accade perchè da febbraio in poi il prodotto di serra dovrà avere un prezzo competitivo con i cavoli rapa prodotti nei campi.Lo stesso avviene per i pomodori di cui parlavamo prima: quelli coltivati in serra verranno raccolti e venduti da aprile a metà giugno, finché ci sarà margine di guadagno per il produttore, ma nel momento in cui matureranno i pomodori da campo e i prezzi caleranno il produttore lascerà marcire nelle serre tutti i pomodori: raccoglierli sarebbe solo un costo!Non coltivare tutto in serra e importare minori quantità da lontano sono pratiche che possono limitare i numerosi impatti ambientali, semplicemente perché si sceglie di seguire i ritmi della terra e del clima: mangiare cibo proveniente dall’altro emisfero, come frutta esotica e caffè, è un lusso che l’uomo soddisfa da secoli, ma trasportare per lunghe distanze lo stesso cibo che la propria terra produce localmente suona forse come una forzatura, così come consumare energia per riscaldare le serre che simulino la stagione estiva per mangiare a gennaio le primizie estive.Comprare cibo di stagione in certi casi agevola anche l’economia locale, rendendo la filiera agroalimentare più corta e portando profitto direttamente a chi produce nella zona in cui voi acquistate.

Educhiamoci

Che pesci prendere?

Il pesce è una fonte molto importante di micro-nutrienti, sali minerali, proteine e acidi grassi essenziali e contribuisce quindi in modo significativo alla dieta di molte comunità.Per il 2017 la FAO ha stimato un consumo globale di pesce di 153 milioni di tonnellate: 67 milioni di tonnellate sono i consumi di pesce fresco o refrigerato, 44 milioni di tonnellate quello surgelato e 19 milioni per quello conservato, con oltre 20 kg annui di consumo pro capite (Rapporto FAO, 2018)La quantità e le differenti tipologie di pesce consumato variano a seconda dei paesi e delle regioni, riflettendo la disponibilità in natura di determinate specie, i gusti, le culture alimentari e i livelli di reddito.Per alcune nazioni insulari, come il Giappone e l’Islanda, ad esempio, il pesce è un elemento cruciale della dieta, visto che localmente non sono disponibili molte altre fonti di proteine animali.In Italia, i consumi di prodotti ittici interessano la quasi totalità delle famiglie: l’indice di penetrazione è del 99%: infatti chi non ha in casa una scatoletta di tonno in scatola! Pensate che ogni famiglia Italiana ne consuma in media di 20,9 kg mentre il totale nazionale è pari a 455 mila tonnellate . SE NON SAI CHE PESCI PRENDERE Le attività di produzione di pesce non sono prive di rischi per l’ambiente e le comunità interessate. Il consumatore ha, tuttavia, a sua disposizione diversi strumenti per compiere un acquisto responsabile e consapevole.Esistono infatti etichette e certificazioni che assicurano che il prodotto risponda a determinati requisiti in materia di sicurezza, salubrità e rispetto per l’ambiente.Ad esempio, oggi sentiamo tanto parlare di alimenti biologici e anche il pesce da qualche tempo può rientrare in questa categoria.Ma che cosa si intende esattamente con l’espressione “biologico” e che vantaggi ci sono per il consumatore?Innanzitutto dobbiamo chiarire che il pesce biologico non si identifica con il pesce selvatico: la produzione ittica biologica richiede infatti il completo controllo del processo produttivo, dall’uovo fino al pesce adulto.Quindi questa definizione riguarda solo il pesce di allevamento che, come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, ricoprirà negli anni futuri un ruolo sempre più importante nell’approvvigionamento mondiale di specie ittiche.L’allevamento di pesce biologico ci promette un prodotto garantito e sicuro, ottenuto senza compromettere l’ambiente e le risorse naturali, nel rispetto del pieno benessere degli animali allevati.Dal momento che gli organismi internazionali, come la FAO o l’Unione Europea non hanno redatto una normativa in materia per l’acquacoltura biologica, svariati enti privati di certificazione hanno creato disciplinari per l’allevamento di alcune specie secondo i principi del biologico, creando marchi che rendono riconoscibili i prodotti.Inoltre, come tutto il pesce di allevamento, ogni esemplare è etichettato per garantire le tracciabilità di tutto il ciclo produttivo.Oltre al marchio di certificazione biologica, un altro interessante strumento per aiutarci a compiere acquisti più responsabili riguarda il tonno in scatola e si chiama etichetta “dolphin safe”. La pesca può essere molto dannosa per l’ecosistema marino, ne è un noto esempio quello che accade per la pesca dei tonni, durante la quale capita che vengano uccisi i delfini che nuotano insieme ai loro.Le confezioni che riportano l’etichetta “Dolphin safe” oppure “Amico dei delfini” assicurano quindi il consumatore che i metodi di cattura usati sono tali da non provocare la morte dei delfini. Quale pesce mangiare? E cosa scegliere tra pesce pescato e pesce allevato?Non è facile rispondere a queste domande, la scelta dipende da molti fattori.E’ consigliabile cercare di evitare il pesce non sostenibile, cercando di orientarsi leggendo i numerosi siti web sul tema, come ad esempio Fishonline, e le numerose guide, tra cui la Guida ai consumi ittici di Greenpeace.In generale possiamo dire che sono considerati sostenibili prodotti come le sardine e gli sgombri, specie collettivamente riferite con il nome di “pesce azzurro”, di solito pescate con le reti a circuizione.Questo metodo di pesca non provoca danni ai fondali e di solito le catture accessorie (bycatch) sono trascurabili.Riguardo ai prodotti dell’Acquacoltura, tra i più sostenibili è probabilmente la produzione nazionale di cozze

Educhiamoci

Essere un consumatore responsabile

Consumare in modo responsabile significa riflettere sugli effetti che i vostri acquisti possono avere sull’ambiente e sulla società prima di farli. Il modo in cui vivete e le cose che comprate possono contribuire positivamente alla società e all’ambiente.La domanda che sorge spontanea è: “ma davvero posso fare la differenza semplicemente scegliendo un prodotto piuttosto che un altro?”. Certo!Ogni euro che spendete è come se fosse un voto per un determinato prodotto, ma soprattutto per l’impresa che lo produce.Le scelte che tutti noi facciamo ogni giorno rappresentano delle opportunità per offrire il nostro supporto a quei prodotti che rappresentano il meglio per la nostra salute, per la società e per l’ambiente.Questo può voler dire cambiare alcune delle proprie abitudini quotidiane, ad esempio il luogo dove si acquistano i prodotti alimentari; questa capacità di saper cambiare ha ricadute positive su tutta la collettività.Come si fa, in concreto, a diventare consumatori responsabili?Più che una “lista della spesa” di cose da fare, si tratta di imparare a scegliere con mente aperta, lasciando il nostro processo decisionale libero dai mille condizionamenti che riceviamo ogni giorno, ad esempio dalla pubblicità.Questo atteggiamento positivo e proattivo porta ad una scelta consapevole, invece che “subita”, dei generi da acquistare, che genera a sua volta ricadute positive per voi stessi, per la società e per l’ambiente.In che modo? Il valore di queste azioni non risiede tanto nell’azione stessa, ma nel pensiero che vi ha spinti a compierla. CURIOSANDO TRA GLI SCAFFALIPensate agli acquisti che avete fatto oggi ad esempio. Sapete che dove andranno finire i vostri soldi?Avete idea quali imprese avete supportato e quali sono i valori alla base del loro operato? Siete a conoscenza del processo produttivo dietro a questi prodotti? Chi li ha fatti?Ogni giorno siete circondati da prodotti e vi trovate a dover decidere se e cosa acquistare.Ogni giorno la pubblicità e i media vi propongono decine e decine di articoli assolutamente fondamentali per la vostra sopravvivenza. E’ quindi fondamentale imparare a scegliere in modo responsabile, dando la preferenza a prodotti e sistemi di distribuzione che siano d’aiuto e che non danneggino il mondo e i suoi abitanti. E’ quindi importante capire che ogni prodotto che compriamo ha una storia alle spalle. Ci sono prodotti che ci raccontano una storia di rispetto, innovazione, partecipazione, diritti dei lavoratori, responsabilità ambientale e di impatti positivi sulla comunità.Riflettete un attimo a quali ideali e sistemi desiderate offrire il vostro supporto. Voi potete scegliere. Poter scegliere è bello. Imparate a fare scelte positive.Così, quando vi chiederete “ Cosa ho comprato oggi?” potrete essere sicuri di aver rispettato le vostre convinzioni, consumando in modo responsabile.Valter Baruzzi, pedagogista, offre un’interessante prospettiva sul consumatore consapevole: “Possiamo immaginare un consumatore consapevole come una persona curiosa, che sa trovare le informazioni che gli servono, ha una certa propensione a cogliere gli aspetti enigmatici della realtà e sa vedere le cose oltre le apparenze.Il consumatore consapevole possiede gli strumenti culturali che gli consentono di valutare diverse fonti d’informazione sapendole soppesare, confrontare e utilizzare nelle quotidiane situazioni d’acquisto e di consumo.Egli possiede anche quelle capacità gestionali che risultano necessarie per affrontare gli aspetti pratici della vita quotidiana.Oltre a ciò, dispone di quei valori di riferimento, che lo rendono capace di ricercare la convenienza economica compatibilmente con la scelta di merci prodotte nel rispetto dei diritti delle persone, delle comunità e degli ambienti del proprio Paese e del mondo intero.”

Educhiamoci

La sostenibilità passa dalla nostra tavola

Il cibo, proprio perché assolutamente necessario per la nostra sopravvivenza è sicuramente uno degli aspetti che ci coinvolge maggiormente nella vita quotidiana. Quasi un terzo della nostra impronta ecologica sul pianeta è dovuta all’alimentazione. Fragole e pomodori a gennaio, agnello e mele dalla Nuova Zelanda, noci dagli Stati Uniti, cetrioli e lattuga coltivati in serra: oggi possiamo permetterci qualsiasi alimento in ogni stagione e proveniente da ogni parte del Mondo. Ma questi nostri capricci hanno un prezzo non indifferente per l’ambiente, in quanto generano inquinamento sia a livello di produzione che di trasporto. Il percorso verso una società sostenibile passa quindi anche attraverso il cibo e la nostra tavola. Nell’alimentazione è necessaria una maggiore efficienza energetica tramite la scelta di prodotti regionali e di stagione come pure la promozione di marchi ecologici come il bio. Inoltre un consumo più consapevole di carne e pesce è più che mai indispensabile. Acquistare il cibo è un’ operazione che va fatta con consapevolezza, tenendo bene in considerazione la stagione e la provenienza. Questo per evitare lunghi trasporti e la produzione di frutta e verdura in serre riscaldate tramite combustibili fossili.Un chilo di asparagi acquistati in febbraio e provenienti dal Messico provocano ad esempio il consumo di quasi 5 litri di petrolio per la loro produzione e trasporto. Gli stessi asparagi coltivati in Svizzera ed acquistati in maggio causano il consumo di solo 0.3 litri di petrolio. Un chilo di fragole da Israele acquistate in febbraio necessitano il consumo di 5litri di petrolio, quelle svizzere acquistate in giugno solo 0.2litri. La produzione di verdure in serra durante la stagione invernale necessita dal 20 all’80% di energia in più rispetto ad una produzione in campo aperto.La sostenibilità nell’alimentazione passa quindi senza dubbio dalla promozione del cibo di provenienza locale.L’autosufficienza alimentare su scala regionale o nazionale andrebbe favorita dando all’agricoltura l’importanza che si merita, mettendole a disposizione anche i mezzi finanziari necessari per sopravvivere ed evitando di sacrificare continuamente terreno agricolo.Gli alimenti prodotti in modo biologico comportano emissioni nettamente inferiori e richiedono molta meno energia.Purtroppo solo il 5% dei prodotti alimentari venduti possiede il marchio “bio”. Nelle superfici coltivate secondo gli standard biologici non si ricorre all’uso di pesticidi e fertilizzanti sintetici, riducendo sensibilmente l’inquinamento delle acque e del terreno e contribuendo quindi a ridurre i consumi energetici per la sintesi dei concimi chimici.

Torna in alto