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Pompei Ante Pomodoro e Dopo Pomodoro

Al Ravida la presentazione delle pizze di Pompei antica e di Pompei moderna Pompei non cessa di stupirci con le meraviglie di duemila anni fa. Lo scorso hanno è stata diffusa la notizia del ritrovamento di un affresco nel Parco Archeologico che ritrae un vassoio con  prodotti della campagna che venivano offerti all’ospite che visitava la casa  a dimostrazione della ricchezza del suo proprietario. Al centro del dipinto alcuni hanno voluto individuare l’antenata della nostra pizza per confermare l’origine partenopea della pietanza che meglio ci rappresenta nel mondo. Sembrava proprio una pizza con pomodoro e mozzarella, cosa non possibile poiché la mozzarella non era ancora nota e il frutto d’oro  è stato portato in Europa nel 1540 dal conquistador Hernán Cortés. I semi giunsero in Europa dal Messico al seguito di coloni e missionari. In ogni modo il piatto raffigurato nell’affresco potrebbe comunque avere un legame, la discussione è ancora aperta. Come ulteriore elemento di confronto un gruppo di gastronomi, capitanati dal giornalista gastronomo Renato Rocco, direttore responsabile della testata online La Buona Tavola Magazine, il giornale che parla e sa di buono, hanno voluto portare avanti un’interessante esperimento. Si sono chiesti: “come doveva essere la pizza all’epoca dei Romani di Pompei, che erano notoriamente dei buongustai ?”, e come si contraddistingue la pizza di oggi con il pomodoro San Marzano ?  L’evento “Pompei Ante Pomodoro e Dopo Pomodoro” A.P.VSD.P. è stato voluto da Anna Talamo e Raffaele Vingiani  titolari del  Ravida Resort di Pompei, con annessa la pizzeria Pomodorì. L’entrée è stata preparata dallo Chef resident Giuseppe Auricchio, sono seguite le pizze elaborate da: Andrè Guidon  di ” Leggera Pizza Napoletana ” di San Paolo del Brasile;  Sasà Martucci della pizzeria “I Masanielli” di Caserta e Nicola Cesarano resident della pizzeria Pomodorì. All’evento, che ha visto la partecipazione di numerosi giornalisti e blogger di settore,  ha partecipato anche il V. Chargé de Presse dell’Accademia Internazionale di Gastronomia  Chaîne des Rôtisseurs del Bailliage  di Frosinone, che ha portato il saluto della Chaîne. Il sindaco di Pompei Carmine Lo Sapio ha presentato la sua città illustrando i progetti futuri: «C’è stato un lavoro costante, anche durante la pandemia – ha dichiarato il sindaco Lo Sapio –  purtroppo per noi, per Pompei, è stato un disastro. La città turistica romana regge sul terziano. Oggi devo dire che anche durante quella parentesi che ormai in realtà  speriamo chiusa, si sono fatti molti investimenti  da parte di giovani imprenditori che hanno reso Pompei una città anche della ristorazione, cosa questa che mancava. I 60 ristoranti presenti oggi sono tutti di qualità». Continua il primo cittadino «C’è un progetto importante della Regione Campania che riguarda il nostro territorio, sta andando avanti la bonifica del fiume Sarno che è fondamentale per la crescita e la cultura del pomodoro. Noi abbiamo fatto la richiesta di essere capitale della cultura in Italia nel 2027. Questo lo abbiamo fatto perché noi riteniamo di fare una rete per stare insieme con tutti gli altri paesi della costiera, da Pozzuoli  fino a Sapri, quindi quasi tutta la costa della Campania proprio perché riteniamo che le nostre risorse devono essere valutate». Sasà Martucci, classe 1983, della pizzeria “I Masanielli” di Caserta,  6° 50 Top Pizza Italia 2024, 16° 50 Top Pizza World 2024. Le sue sono pizze saporite con impasto soffice e delicato, risultato della lunga lievitazione. Martucci è proveniente da un’antica famiglia di pizzaioli casertani. La sua storia e la sua filosofia sono ingredienti della sua  pizza, preferendo le materie prime umili e povere della nostra tradizione, per esaltarle con tecniche di cottura e abbinamenti innovativi. Martucci utilizza  prodotti locali, DOP, IGP, da Presidio Slow Food, sostenibili e a chilometro zero. Andrè Guidon della “Leggera Pizza Napoletana” di  San Paolo, Brasile , 1° 50 Top Pizza Latin America 2024, ha ricevuto 4 volte i tre spicchi dal Gambero Rosso.  Guidon ha origini italiane, è titolare da undici anni di due pizzerie a San Paolo del Brasile. La sua pizza  ha un impasto  leggero con un mix di farine e lievitazione naturale. L’idratazione in questo periodo si attesta intorno al 65%, mentre d’inverno supera il 70%. La cottura, seguendo il modello partenopeo, avviene in forno a legna con cottura ad oltre 450 gradi. La pizza di Nicola Cesarano, resident della pizzeria Pomodorì attigua al Ravida Resort,  evolutasi nel tempo e ormai consolidata nello stile contemporaneo (cornicione alto e pronunciato, alveolato), s’inserisce in un contesto locale che offre pizze già di altissima qualità. La pizzeria dispone di un menù stagionale mentre alcuni topping sono realizzati anche dallo Chef del Ravida Resort Giuseppe Auricchio. Nell’impasto preferito da Cesarano vengono miscelate due diverse farine di tipo 1 e una di tipo 0. La cottura avviene in un forno a legna classico mentre, per quanto riguarda l’idratazione della pizza, ci si mantiene tra il 70% e il 72%. Lo Chef Giuseppe Auricchio, originario di Terzigno, dove la nonna Teresa gli ha inculcato la passione per la cucina tradizionale,  porta avanti una filosofia culinaria che abbraccia le radici della tradizione. Incarna il calore e la familiarità della cucina tipica locale donandole quel tocco di innovazione che nasce da approfonditi studi e da audaci esperimenti. La ricerca costante dell’eccellenza e dell’esclusività rappresenta un pilastro fondamentale della sua arte culinaria. Predilige la cucina di mare con pesce appena pescato, riservando però nei suoi menù un posto speciale anche a piatti della tradizione. Menu della serata Entrée Duetto: frittatina alla genovese, polpetta di zucchine con pane raffermo Degustazione pizza 6 gusti di pizza impiattata singolarmente Nicola Cesarano (resident Pomodorì): 1.      A’ friggitiell: friggitelli, provola di Agerola in uscita lardo di suino nero casertano agli aromi e cacio ricotta, basilico e olio EVO 2.      Napoli sbagliata: ombra di pomodoro San Marzano, pomodori rossi del Vesuvio, olive nere di Sicilia e in uscita acciughe di Sciacca, polvere di aglio nero, pomodorini gialli confit e confettura di pomodoro San marzano, basilico e Olio Evo Andrè Guidon (Leggera Pizza Napoletana, San Paolo del Brasile: migliore pizzeria del Centro Sud-America 2024, 1° 50 Top

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La gastronomia marocchina per festeggiare a Napoli  i 25 anni dall’ascesa al trono di Re Mohammed VI

Villa Domi scelta come location per celebrare l’importante avvenimento Il Marocco è  un Paese strategico per l’Italia in ragione delle favorevoli previsioni di crescita economica e per le numerose opportunità per le imprese in termini di investimenti: esso rappresenta un’eccellenza nell’intera regione del Mediterraneo, cui l’Italia guarda con crescente attenzione. I numerosi  accordi di libero scambio fanno si che il Marocco sia la porta d’accesso all’Africa. Una vivace economia in via di sviluppo contraddistingue il Paese che ha un importante mercato del lavoro. Come da tradizione, in ogni città sede di consolato, si organizza una festa a cui partecipano autorità italiane e marocchine per onorare Mohammed VI, un re illuminato. La città di Napoli, che da sempre è la capitale della diplomazia, nei giorni scorsi ha festeggiato solennemente i  25 anni dall’ascesa al trono di Re Mohammed VI per la terza volta consecutiva a Villa Domi del patron Domenico Contessa. L’evento è stato organizzato anche stavolta nell’incanto della panoramica villa napoletana del ‘700 su iniziativa del Console Generale del Regno del Marocco a Napoli M’hammed Khalil e della sua consorte. Il Consolato Generale del Regno del Marocco di Napoli ha nella propria area di competenza cinque regioni (Campania, Basilicata, Molise, Puglia e Calabria, praticamente tutto il Sud Italia), e ben 50mila residenti marocchini. Nel suo discorso di benvenuto ai selezionatissimi invitati, il Console Generale M’hammed Khalil ha  sottolineato l’importanza dei legami di amicizia tra Marocco e Italia. «L’amicizia fra i nostri Paesi  – ha detto il diplomatico – è resa ancora più solida da forti sinergie culturali, politiche e commerciali. Il Marocco è un Paese in costante sviluppo, sotto la guida illuminata del Re Mohammed VI, e con una elevata stabilità politica che lo rende protagonista nel preservare la pace nella regione occidentale del bacino Mediterraneo». Un interessante video proiettato sul maxischermo di Villa Domi, nel suggestivo giardino della villa illuminato da luci soffuse e decorato con eleganza, ha illustrato i punti di forza e le potenzialità dell’economia marocchina descrivendo le numerose opportunità di business presenti nel Paese. Ad allietare la serata, organizzata dalla società “Fuori Campo” di Mirka Contessa, musica dal vivo folkloristica e melodie e danze tipiche del Marocco, oltre che classici napoletani. Di grande raffinatezza le prelibatezze e le bevande di matrice marocchina servite agli ospiti: a cominciare dal tradizionale the alla menta, il couscous di verdure e carni e la pastilla, uno sformato con carne di pollo e strati di pasta sfoglia, carni salate cotte lentamente in brodo, spezie triturate, uno strato croccante di mandorle tostate e tritate, uvetta, cannella e zucchero. Il menù italiano ha previsto invece un piatto tipico per ogni regione del Sud Italia che rientra nell’area di competenza del Consolato: ecco dunque zeppoline, mozzarella, pizzette, polpette di peperoni e involtini di melenzane, parmigiana di melenzane, pomodorini, provolone impiccato e pizza di scarole fra Campania e Basilicata, e poi melenzane e fichi al cioccolato per la Calabria, orecchiette per la Puglia,  polenta con il sugo dal Molise. A chiudere, dolci tipici napoletani e marocchini. Fra i presenti all’evento numerose autorità, vertici e rappresentanti delle Istituzioni e delle Forze dell’ordine (Questura, Carabinieri e Guardia di Finanza) e del mondo consolare e diplomatico, imprenditoriale, professionale e culturale. Lo stesso patron di Villa Domi Domenico Contessa ha indossato, in segno di attenzione, importanza e accoglienza degli invitati del Marocco, abito e scarpe tradizionali del Paese africano. Fra i partner dell’iniziativa, da citare l’Amministrazione comunale di Longobardi (in provincia di Cosenza) che ha offerto la melanzana violetta DE.CO, coltivata dalla Cooperativa agricola Lady Violetta DE.CO di Longobardi e l’azienda Colavolpe di Belmonte Calabro (Cosenza), nata nel 1910 e che produce il Fico Dottato di Calabria. La melanzana violetta è una melanzana unica, dolcissima, con una pelle liscia, sottile e lucida di colore viola tagliata in deliziosi filetti. Il Fico Dottato è un frutto legato alla tradizione: nobile e unico nel suo genere, è lavorato da mani esperte che nel tempo hanno portato avanti le nostre tradizioni. Harry di Prisco

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Vincenzo Abbate e il suo impegno di cambiare il mondo dell’arte bianca 

Vincenzo Abbate e la Pizzeria Contemporanea di Aversa Moderne pizze non solo scenografiche ma assolutamente ottime raffigurando l’evoluzione della tradizione pizzaiola napoletana: scienza, passione, innovazione “Guagliù vi faccio vedere che dove tagliamo la pizza è tutta strutturata !”, così Vincenzo Abbate, pizzaiolo classe ’83, presenta il suo capolavoro: la pizza Costa d’Amalfi. Vincenzo ha ereditato la passione per l’arte bianca da suo padre e suo nonno, entrambi storici pizzaioli napoletani attivi tra i Quartieri Spagnoli e via dei Tribunali a Napoli. Fin da piccolo  Vincenzo affiancava il padre apprendendo i segreti del mestiere. Crescendo fisicamente e professionalmente il nostro  ha coltivato il sogno di aprirne un giorno una pizzeria tutta sua. Ha coronato il suo sogno a dicembre 2023, inaugurando ad Aversa la “Pizzeria Contemporanea” di Vincenzo Abbate. Uno spazio moderno con 160 posti a sedere e due forni a vista, che nell’arredamento riflette perfettamente l’ecletticità del padrone di casa. Qui trovano posto pizze contemporanee e le tradizionali ruote di carro in un avvincente percorso degustativo che è pura celebrazione del territorio regionale e nazionale. Abbate, consapevole che l’arte della pizza è una vera e propria scienza, ha intrapreso un percorso di studio da autodidatta, approfondendo la conoscenza delle farine, degli impasti, dell’amido e delle reazioni fisico-chimiche che avvengono durante la lievitazione e la maturazione. Anni di studio e sperimentazione lo hanno portato a sviluppare una pizza contemporanea “evoluta”, caratterizzata da due fermenti a lungo termine, con lievitazioni di 48 e 72 ore. I suoi impasti, con un’idratazione al 75%, offrono una consistenza scioglievole, un morso leggero e una pizza davvero “esplosiva”. Dopo anni di gavetta in giro per le pizzerie di Napoli e non solo, Vincenzo ha aperto ad Aversa la “Sua” Pizzeria Contemporanea di Vincenzo Abbate. Qui, propone il suo impasto “evoluto”, oltre alla tradizionale ruota di carro realizzata con lo stesso impasto ma con una grammatura più piccola. La presenza di due forni, uno a legna e uno a gas, completano la pizzeria che in meno di un anno ha conquistato un posto di rilievo nel cuore dei clienti di ogni fascia d’età. Il suo menù vanta prodotti d’eccellenza campana e di altre regioni, tra cui diverse DOP, Presidi Slow Food, ingredienti vesuviani e sempre stagionali, il menu cambia a seconda della stagione. Degna di nota anche la carta vini che presenta una selezione di etichette nazionali e birre artigianali. Vincenzo Abbate offre anche  consigli professionali su tecniche di impasto, cottura, e gestione del forno a colleghi interessati a scoprire i segreti della sua arte bianca. Attivissimo sui social con 106k follower su Instagram, 26mila su TikTok e 7mila su Facebook, Vincenzo è il pizzaiolo moderno che attira l’attenzione per le sue pizze sì scenografiche, ma assolutamente ottime, raffigurando perfettamente l’evoluzione della tradizione pizzaiola napoletana che unisce conoscenza scientifica, passione, innovazione a quella freschezza e impavidità giovanile capace di cambiare il mondo dell’arte bianca. Menzione d’onore anche ai fritti, asciutti, saporiti e ben dorati. Il menù degustazione Entrée di benvenuto: Frittatina Cacio e Pepe; Pizza Costa d’Amalfi: in tre cotture, fritta, al vapore e al forno: vellutata di pomodorino rosso e giallo, all’uscita stracciata di bufala campana e filetti di peperoncino e pepe; Pizza Margherita ‘a rota ‘e carretta:  “a ruota di carro”; Pizza alla Nerano: vellutata di zucchine, provola, chips di zucchine, fonduta di provolone del Monaco DOP dei Monti Lattari; Malati di pizza: crema di melanzane, melanzane fritte, pomodoro giallo, scaglie di ricotta salata; Dessert di pizza dolce in tre cotture Harry di Prisco

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Le due Stelle del Ravida Resort di Pompei

“La pizza del Pomodorì  veste lo spazio di colori e profumi e quando arriva in tavola si innamora il mondo” «Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni», così disse Eleanor Roosevelt, ispiratrice del movimento americano per i diritti civili,  questo il motto che ha ispirato il pizzaiolo Nicola Cesarano nella sua crescita professionale. Nicola ha iniziato questo lavoro, credendo in un sogno. Classe ’95, nativo di Boscoreale alle porte di Napoli, ha mosso i primi passi nel mondo della ristorazione mettendo a disposizione la sua passione, dedizione e professionalità al servizio di “sua maestà” la pizza. Un impasto con lunga lievitazione e maturazione che conferisce leggerezza e digeribilità, ricercatezza dei prodotti e raffinata lavorazione si concentrano nella pizza contemporanea firmata “Cesarano” i cui sapori esplodono e si ritrovano in una vera e propria esperienza di gusto. Dalla classica Margherita alle pizze gourmet, Nicola Cesarano da due anni presso la pizzeria Pomodorì – pizzeria napoletana, gestita degli imprenditori Anna Talamo e Raffaele Vingiani,  è impegnato a proporre nuove sensazioni e nuove emozioni facendo del suo lavoro la sua unica e grande passione. Nicola si potrebbe dire che è nato con la pala di pizzaiolo in mano data la sua giovane età. A quattordici anni già infornava le pizze facendo attenzione a tutti i particolari dei suoi maestri per “rubare” loro il mestiere: Vincenzo Iannucci, Gianfranco Iervolino, Raffaele Bonetta e Salvatore Costa i nomi dei famosi maestri partenopei dell’arte bianca, ognuno con la propria caratteristica. La collaborazione a Firenze con  Giovanni Santarpia, il cui locale è stato insignito dei tre spicchi del Gambero Rosso, è stata  fondamentale per Cesarano che ha potuto in tal modo mettere a confronto i due modi di preparare la pizza, quello di Napoli e quello toscano di impronta partenopea,  con sfumature che  hanno consentito al nostro di elaborare una propria visione per  la realizzazione degli impasti e delle farciture. Cesarano ha partecipato recentemente al Cibus di Parma, dove ha tenuto una masterclass presso lo stand di Solania, azienda leader del settore nella raccolta, produzione e trasformazione del pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino, e alla Mostra D’Oltremare per Tuttopizza 2024. La collocazione della pizzeria Pomodorì – pizzeria napoletana a Pompei facilita la ricerca di prodotti freschi e di alta qualità provenienti dagli orti locali, di una terra fertile per i minerali di cui è ricca a causa della vicinanza con il Vesuvio. Prima dell’eruzione l’attività principale dei commercianti di Pompei consisteva nella vendita dei prodotti agricoli che sfruttavano i benefici del terreno vulcanico. Anche i moderni abitanti della regione hanno tratto vantaggio da questa eredità vulcanica in quanto l’agricoltura prospera ancora oggi, con aziende agricole che producono prodotti di alta qualità. La pizza di Nicola Cesarano, si è evoluta nel tempo e ormai consolidata nello stile contemporaneo (cornicione alto e pronunciato, a “canotto”, e alveolato), s’inserisce in un contesto locale che offre pizze già di altissima qualità, distinguendosi a sua volta. Scegliere questa pizza significa avere a che fare con un prodotto realizzato con ingredienti accuratamente selezionati, partendo dalla farina del Mulino Petra. Nell’impasto preferito da Cesarano vengono miscelate due diverse farine di tipo 1 e una di tipo 0. La cottura avviene in un forno a legna classico mentre, per quanto riguarda l’idratazione della pizza, ci si mantiene tra il 70 e il 72%. Si va dunque dalla pizza doppio crunch alla pizza fritta ripassata nel forno elettrico, dalla focaccia alta alla pizza cotta nel rutiello. A ciò si aggiungono i frequenti esperimenti con altri tipi di farine come quella di segale, riso e orzo, quella integrale o allo zafferano. La combinazione degli ingredienti freschi e di una maestria artigianale nell’arte bianca consente un’esperienza indimenticabile. Pomodorì è diventato un punto di riferimento per gli amanti della buona tavola, offrendo un’esperienza culinaria completa, anche grazie ai topping creati in collaborazione con lo chef resident Giuseppe Auricchio del ristorante del Ravida Resort, in un ambiente confortevole e garbato, accolti dal direttore di sala e sommelier Andrea De Simone. Il Ravida Resort di Pompei, a poche centinaia di metri dalle stazioni ferroviarie e dall’uscita dell’Autostrada del Sole Salerno – Reggio Calabria nei pressi del casello Pompei – Scafati,  è circondato da un lussureggiante giardino e da fontane. La location, con arredi chiari e moderni,  è divisa in più sale: il ristorante per eventi e uno più raccolto ed un altro locale per la pizzeria. Riprendendo il concetto della Roosevelt in merito al futuro, che appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni, la collaborazione di uno chef famoso come Auricchio con un pizzaiolo, giovane ma già affermato come Cesarano, è fra i primi esperimenti vincenti di due mondi che hanno preso finalmente a dialogare fra loro: quello della cucina e quello della pizzeria. Da tanto tempo si auspicava questa collaborazione.  Ogni giorno  nel nostro paese vengono sfornate 8 milioni di pizze, nell’anno scorso si sono aperte oltre 3.700 nuove attività con pizza, su più di 18.200 nuove attività di ristorazione, in pratica il 20% del totale. Pertanto il mondo pizza non può più essere trascurato, necessitando di maggiore attenzione. Recentemente è stata diffusa la notizia che dai nuovi scavi a Pompei è emersa la raffigurazione di quello che sembra un antenato della pizza, non può che rallegrarci che le due Stelle del Ravida-Pomodorì brillino proprio nel firmamento di Pompei. Il menù degustazione Entrée di benvenuto: una montanara con pomodoro San Marzano DOP e Grana Padano; frittatina di pasta ai tre pomodori al cuore filante di fiordilatte panato al tarallo “sugna e pepe” Pizza contemporanea La Napoli Sbagliata: topping con un’ombra di pomodoro San Marzano DOP, pomodorini rossi del Vesuvio, olive nere Caiazzane, (in uscita) pomodorini gialli semy-dry, polvere di aglio nero di Vogliera, confettura di pomodoro, basilico e olio EVO O ‘rutiello: topping con moscardino affogato, polvere di olive nere di Caiazzo (CE), clorofilla di prezzemolo e olio EVO. Pizza fritta e al forno: mortadella artigianale IGP, stracciata, acciughe di Sciacca, zeste di limone, basilico e olio EVO,  abbinamento di Falanghina

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Al Ravida  i colori e i sapori della primavera nelle creazioni dello chef Auricchio

Al Ravida Resort di Pompei presentato il nuovo menù di primavera L’Accademia Internazionale Chaîne des Rôtisseurs del Bailliage di Frosinone in prima linea per i valori della cultura della gastronomia e per la cultura della tavola La primavera è ormai arrivata anche se le temperature di questi giorni non lo dimostrano, è il  periodo dell’anno in cui gli uccellini iniziano a cinguettare, i fiori incominciano a sbocciare, l’aria è frizzante, le giornate si allungano e tutto ricomincia a diventare verde. La primavera richiede dei menù leggeri,  con ingredienti di stagione freschi e frizzanti. Tutto questo si può toccare con mano al Ravida Resort di Pompei, circondato da un lussureggiante giardino e da fontane dove le rondini al tramonto si tuffano in picchiata. La location, con arredi chiari e moderni,  è divisa in più sale: il ristorante per eventi, uno più raccolto e la pizzeria. In questo posto incantevole l’Executive Chef Giuseppe Auricchio, classe ‘86, ha presentato il menù di primavera  o – più esattamente – le sue creazioni uniche: «Vengo da Terzigno, paese alle falde del Vesuvio. Macellai da generazione, la passione della cucina mi è stata tramandata da mia nonna Teresa, nella cui casa passavo interi pomeriggi e che, insieme al resto della mia famiglia, rappresentava il focolare, nonché primo banco di prova delle mie capacità». Dunque questo il segreto di Auricchio: l’importanza delle materie prime e come valorizzarle, sempre alla ricerca di prodotti tipici e nuove tecniche.  La serata riservata agli operatori dell’informazione è stata introdotta e presentata dal giornalista enogastronomico Renato Rocco, Direttore Responsabile della testata online La Buona Tavola Magazine, il giornale che parla e sa di buono. Per iniziare è stato offerto come Amuse-bouche una fetta di panino napoletano e un tris composto dalla montanarina La Mia Genovese Slow (topping di Genovese dell’Alleanza preparata con le tre cipolle presidi Slow Food: di Alife (CE), Vatolla (SA) e Airola (BN); carciofino violetto di Castellammare, detto di Schito, anch’esso presidio Slow Food; moscardino affogato. L’abbinamento è stato con una bollicina, un Prosecco Sant’Orsola. L’antipasto era composto da un carpaccio di salmone selvaggio dell’Alaska, marinato con sale e zucchero e aromatizzato agli agrumi, con semi di sesamo nero, carciofi di Schito in olio, salsa di erborinato e zeste di limone. Il piatto è stato accompagnato da una focaccina cotta nella cenere, farina macinata a pietra e con 70% di idratazione, ogni portata è stata servita con il pane specialmente studiato e preparato per l’occasione. Per l’abbinamento è stato scelto un   Greco di Tufo DOCG Vigna Cicogna di Cantine Benito Ferrara, annata 2022. Come primo piatto sono stati serviti dei ravioli di pasta fresca all’uovo, ripieni di stracciata,  con carpaccio e dadolata di branzino, verdurine e acqua di vongole. Lo Chef, che ha illustrato personalmente tutti i piatti, ha svelato un piccolo segreto: per fare la pasta dei ravioli così sottile e quindi maggiormente digeribile, ha usato una particolare tecnica per tirare la pasta in diagonale e verticale, come si farebbe per una stoffa al telaio. Per il pane, un mini bun agrumato con zeste di limone nell’impasto, cotto al vapore, 71% di idratazione. Come abbinamento un Greco di Tufo Devon delle Cantine Antonio Caggiano, annata 2022. Il secondo piatto è quello che ha suscitato un’attenzione particolare:  un pollo ruspante, allevato a terra, in tre cotture: coscia ripiena alla cacciatora, cotta sui carboni e con pomodorino aromatizzato al timo; petto di pollo CBT (cotto a bassa temperatura per conservare l’idratazione)  alle erbe; sfera di pulled chicken wings (alette di pollo sfilacciate e insaporite), impanata con corn flakes e fritta. Lo chef Auricchio ha chiarito che la parte più saporita del pollo è quella delle alette, purtroppo occorre mangiarle con le mani. Per evitare questo comportamento, che in una cena raffinata non sarebbe consentito, Auricchio ha prelevato tutta la carne dalle alette, eliminando la carcassa, e le ha presentate in una graziosa sfera con infilato dentro un ossicino. Il tutto accompagnato da un pane ai cereali con farina di ceci, 24 ore di lievitazione e con prefermento biga. Un piatto da scuola francese abbinato ad un Primitivo di Manduria DOP Papale della cantina Varvaglione, annata 2020. Per predessert una mini tartelletta alle mandorle con lemon curd, fragoline di bosco e meringa bruciata.  Il dessert “Sottobosco” consistente in una mousse di nocciola, crumble al cacao e rhum con mirtilli e fiori eduli. Un finale accompagnato, al pari dell’incipit, dalle bollicine dello spumante Prosecco Sant’Orsola. Se l’intento dell’Executive Chef Giuseppe Auricchio del Ravida Resortera quello di meravigliare, è riuscito in pieno. Lo Chef è sempre alla ricerca di nuove sfide che lo portino a crescere e confrontarsi con altre realtà culinarie. Nel corso della sua carriera ha partecipato a numerose gare culinarie, da quelle nazionali alle mondiali posizionandosi al secondo posto. «Il mio desiderio è quello di emozionare tramite il cibo, grazie ad una cucina solo apparentemente povera, ma di territorio e di sapore vero», ha commentato Auricchio che è impegnato a dare un’impronta gourmet alla cucina tradizionale. Fra i suoi principi vi sono quelli di celebrare l’incontro armonioso fra tradizione e innovazione, questo consente una vera esplosione di sapori che riflette il genio creativo dello Chef nella reinterpretazione dei piatti classici con fresca prospettiva moderna. All’evento, che ha visto la partecipazione di numerosi giornalisti e blogger di settore,  ha partecipato anche il V. Chargé de Presse dell’Accademia Internazionale Chaîne des Rôtisseurs del Bailliage  di Frosinone, che ha portato il saluto della Chaîne. L’associazione conta 25 mila soci nel mondo in rappresentanza di 70 nazionalità ed è presente in tutti i continenti, solo in Italia gli associati sono oltre 900. L’Accademia Internazionale di Gastronomia è punto di riferimento per la ristorazione di eccellenza e ha come scopo la promozione dei valori e della cultura della gastronomia, si fonda sui temi legati alla buona cucina e al rispetto della cultura della tavola, il tutto cementato da sincera amicizia con unico obiettivo: raggiungere la vera gioia della convivialità. Harry di Prisco

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Presentato il libro di Antonella Amodio Calici&Spicchi cento ed un modo per abbinare bene i vini alle pizze

Calici&Spicchi racconta una storia d’amore fra il vino e la pizza Questa è una storia di separati in casa: il Vino era stato relegato in una buia e polverosa cantina con la scusa che così “diventava più buono !” mentre la padrona di casa, la Pizza dal cuore rosso fuoco del pomodoro, faceva faville nella sala con i suoi colori sgargianti e cambiando di continuo abito. Capirete che in una tale situazione il tradimento con la bionda e affascinante Birra dall’animo freddo e dal gusto nordico era inevitabile! cosa doveva fare la Pizza, si mise  in coppia e il resto è storia dei nostri giorni. I giovani, orrore solo a dirsi, preferirono poi far accoppiare la Pizza alla Coca Cola per una moda che ci giunge dagli States. Fortunatamente per noi è arrivata la giornalista e scrittrice Antonella Amodio che, a seguito di una lunga e dettagliata ricerca, ha messo le cose a posto. Antonella ha trovato gli abbinamenti giusti per i due coniugi, per troppo tempo separati. «Dal mio libro si può sperimentare l’abbinamento vino-pizza conoscendo le regole fondamentali del matrimonio e diffondere la cultura degli abbinamenti – commenta Antonella – il vino storicamente è sempre stato associato alla pizza fin dall’antichità. A Pompei recentemente è stato ritrovato un affresco che raffigura un vassoio con una coppa di vino e una focaccia, l’antesignana della nostra pizza. Già nel 1975 fu fatto un esperimento di abbinamento con la pizza attraverso un vino della cantina Perrazzo di Ischia raffigurante sull’etichetta la maschera Pulcinella». Antonella Amodio  è nata e vive a Caserta, giornalista, sommelier e appassionata di cucina con un’esperienza trentennale nel settore enogastronomico. Per lungo tempo si è trasferita a Montalcino per collaborare come manager con Franco Biondi Santi. Ha curato varie guide specializzate di vino e food e cura una rubrica per Wine&Food Blog di Luciano Pignataro. Come abbiamo visto l’amante della Pizza è la Birra, per sfatare questo falso mito nei giorni scorsi è stato presentato il libro di Antonella  Amodio Calici&Spicchi  edito da Malvarosa presso il ristorante napoletano Fonderì Pizza Glamour di Via Caravaggio. L’evento è stato organizzato da La Buona Tavola Magazine, un giornale che sa e parla di buono diretto da Renato Rocco il quale, nel presentare il volume, ha evidenziato come la nostra produzione campana di vini sia stata sacrificata a vantaggio dei vini italici del nord. « Antonella Amodio ha lavorato nel settore dei vini per molti anni, chi meglio di lei poteva scrivere questo libro che coglie degli aspetti inediti citando 101 pizzaioli, la vera carica dei centouno» ha evidenziato il giornalista Rocco.  Antonella ha poi dichiarato che non è stato facile mettere insieme tante ricette, fra i vari modi di proporre gli  abbinamenti suggerisce quello cromatico, come usava fare la mamma: con una pizza rossa andrà servito un vino rosso, un metodo veloce ed efficace. Il libro è dedicato ai vini campani per smentire che il vino della nostra regione non è all’altezza di quelli delle altre regioni del nord Italia, occorre pertanto valorizzare la nostra produzione vinicola. Per Antonella l’abbinamento più difficile è stato individuare il vino adatto alla pizza con i carciofi, mentre l’abbinamento della pizza con la Nutella con i vini dolci è stato quello più divertente. Conclude Antonella «Sono cresciuta in un mondo contadino dove i miei nonni avevano a tavola sempre un bicchiere colmo di vino». Alla pizza la “La Mia Marinara” di Carmine Pellone è stato abbinato la Falanghina del Sannio Taburno della cantina La Fortezza dal profumo di cedro, albicocca e frutti della passione, che trova corrispondenza al gusto, nelle note saline e di retrogusto di agrumi. Equilibrata, ampia nell’espressione del vitigno e con un ottimo corpo. Aggiunge Valeria Avara, la sommelier dell’AIS Napoli di Fonderì Gourmet: «Questo vino si abbina perfettamente alla pizza di Pellone “La Mia Marinara”  poiché accompagna l’acidità del pomodorino giallo e la dolcezza di quello rosso creando un perfetto equilibrio, esaltando la sapidità e allungando la persistenza». La Scuola Medica Salernitana  citava “Vina bibant homines, animantia cetera fontes” in risposta alla domanda “se il vino faccia bene o male”, troppo scontata in una località come il Taburno, terra del vino il quale ha sempre accompagnato la storia umana dagli albori della coltivazione, l’uomo si è sempre posto tale domanda,  il vino, se preso con moderazione  non nuoce di certo apportando benefici  sul nostro organismo, in particolar modo al cuore e al cervello. Il libro “Calici&Spicchi” di Antonella Amodio, con la prefazione di Luciano Pignataro, verrà presentato in varie location campane, nonché al Vinitaly di Verona presso il Padiglione Campania, durante gli incontri sarà possibile ritirare una copia del volume e partecipare a degustazioni di vino e pizza, un’occasione imperdibile per sperimentare l’abbinamento. Il locale Fonderì Gourmet, aperto nel 2021, non è la solita pizzeria, ci tiene a sottolineare Maria  Rosaria Cocozza, responsabile di sala: « Già dal primo impatto si può vedere che le luci e i colori degli arredi  tendono ad un abbinamento alle portate con topping altrettanto colorati  come anche gli impasti delle farine. La tipologia del locale è quella di proporre alla nostra clientela accostamenti di sapori che possono rivelarsi “esperienze” e sorprendere quelle che sono le aspettative dando la possibilità di provare varie consistenze di impasti di pizze. Il menù è stato elaborato su questa linea – continua la Cocozza –  avendo avuto anche la collaborazione di chef esterni stellati con i quali abbiamo anche realizzato delle serate a quattro mani. Prossimamente apriremo a Mergellina un nuovo locale che si chiamerà Fonderì Experience per soddisfare i clienti che chiedono di provare più sapori con impasti diversi». E’ seguito poi un percorso degustativo di pizze con diverse tipologie di impasto, ognuna abbinata ad una diversa tipologia di vino. Questo il menù degustazione della serata. Starter con una frittatina di pasta impanata alla gricia, con crema di pecorino e guanciale, un entrée sormontato da una tartare di gamberi. L’Antipasto è stato accompagnato da un Soave classico di Pieropan del 2023, 85% di Garganica e 15% di Trebbiano

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Franco e i suoi pastori artistici di cioccolato

Nella ricorrenza dell’Immacolata il Gran Bar Franco di Napoli ha donato pastori artistici di cioccolato L’Avvento è il periodo dell’anno in cui predominano i dolci natalizi, dai panettoni ai pandoro, dagli struffoli ai roccocò e così di seguito. Pastori artistici di cioccolato non si ricordano nei tempi recenti. La curiosa e simpatica iniziativa del Gran Bar Franco  in viale Augusto a Fuorigrotta, e del suo giovane titolare Giuseppe Marzio, farà certamente discutere in famiglia, magari mentre si tirano i numeri della tombola. Nella smorfia napoletana il cioccolato è rappresentato dal n 10, agiatezza e benessere; il pastore fa 12, e indica gioia in famiglia; in ultimo il bar fa 41, e indica voglia di scappare dallo stress della vita quotidiana, questo un terno sicuro da giocare e poi …con un poco di fortuna….Nella giornata dell’Immacolata appena trascorsa, sono stati donati delle copie di pastori di cioccolato, fino ad esaurimento delle scorte, ai clienti che sono entrati in negozio, dalla mattina fino al tardo pomeriggio. I pastori di cioccolato verranno esposti tra i pastori veri nel presepe classico napoletano di San Gregorio Armeno, realizzato dal maestro Marco D’Auria, per tutto il periodo delle feste, fino all’Epifania. Questo è stato il debutto ufficiale delle Feste di Natale 2023. L’iniziativa di Giuseppe Marzio, celebra  la tradizione del presepe nel segno della golosità con i pastori di cioccolato tra quelli veri del maestro D’Auria. Le famiglie napoletane sono solite nel giorno dell’Immacolata addobbare la casa a festa per Natale, con albero, luci e presepe. L’innovazione, invece, fa spuntare quest’anno dei ghiotti pastori di cioccolato all’interno di un presepe classico napoletano, realizzato da un maestro di San Gregorio Armeno. L’idea di Giuseppe è semplice ma allo stesso tempo ricca d’amore per la tradizione delle feste: aggiungere dei pastori interamente fatti di cioccolato in un presepe anch’esso completamente lavorato artigianalmente, come si usa a Napoli. «Il presepe è un’istituzione, ed una cultura sacra, intoccabile» spiega Giuseppe. Cinque i soggetti, tra cui ovviamente Gesù Bambino e due dei tre Re Magi, oltre all’asinello, faranno capolino tra le grotte, i balconcini e le botteghe in miniatura messi a punto con dedizione e dovizia certosina di particolari dal maestro D’Auria. Nei giorni dell’allestimento, che ha preceduto l’inaugurazione, l’opera ha già attirato l’attenzione di molti clienti curiosi. Cioccolato al latte finissimo, preparato dal laboratorio del Bar Franco, che risale al 1945,  unito alla passione per il presepe, vanto e orgoglio artistico di Napoli nel mondo, che alcuni anni addietro è stato ad un passo dal riconoscimento UNESCO. L’iniziativa simbolica dell’8 dicembre vuole dare al quartiere Fuorigrotta quel tocco di magica dolcezza che durante le feste di Natale non guasta mai. Harry di Prisco

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La quinta tappa di Baccalà Village a Pignataro Maggiore

Lo chef “scellato” Antonio Peluso attende gli estimatori del baccalà in Piazza Umberto I Fino a domenica 10 sarà possibile visitare il Baccalà Village, dalle 19 alle 24, per gustare i deliziosi manicaretti a base del prelibato pesce. Una tre giorni enogastronomica nell’Alto Casertano dal sapore tipicamente natalizio per la kermesse organizzata dallo chef “scellato” (come ama autodefinirsi da tempo) Antonio Peluso, ideatore della Locanda del Baccalà di Marcianise (CE). Complice l’atmosfera con le luci e l’albero di Natale nella centralissima Piazza Umberto I, questo evento all’insegna del baccalà si propone un obiettivo preciso, come spiega Peluso: «Il baccalà è da sempre l’alimento principe delle feste natalizie, soprattutto al Sud e in versione fritta, e non può certo mancare il fritto nel nostro menu, la vera grande sfida è anticipare i tempi col debutto ufficiale delle feste natalizie nel ponte dell’Immacolata, portando il baccalà in piazza in versione street food, fuori dalla cucina di casa per una volta e dai fornelli del Natale». La manifestazione, in questo ultimo appuntamento dell’anno dedicata al pesce povero “diventato chic” è patrocinata dalla Provincia di Caserta e dal Comune di Pignataro Maggiore ed è realizzata in partnership con la pro-loco PINETARIVM della cittadina casertana. Questa quinta edizione presenta due novità: la bruschetta alla genovese di baccalà e l’inedito assoluto della pasta e fagioli con baccalà; verranno riproposti i piatti già graditi nelle precedenti tappe come: i paccheri al pomodorino, olive, capperi e baccalà; il baccalà fritto e le crocchette di baccalà insieme alla genovese di mare. Confermata anche la zuppa di baccalà e patate al cartoccio, e, ovviamente spazio ai dolci di Natale con la pastiera napoletana per dessert, oltre alla classica sfogliatella e al cioccolatino al baccalà inventato da Peluso. Per i più giovani non mancheranno le crepes come alternativa dolce alla pasticceria più tradizionale. Si potrà optare fra tre menù, il primo menù con sfizio: primo piatto, bibita, dolce e caffè; la seconda proposta con sfizio, secondo piatto, bibita, dessert e caffè; la terza opzione è il menù completo con sfizio, primo piatto, secondo, bibita, dolce e caffè. Gli auguri si faranno sotto il grande albero natalizio di Pignataro Maggiore; Sabato 9 dicembre sul palco del Baccalà Village si esibirà il comico Mino Abbacuccio, proveniente direttamente da Made in Sud, mentre domenica 10, ultimo giorno del Baccalà Village e “finale di stagione”, la  cover band dei Queen intratterrà i visitatori dando loro appuntamento al 2024 per una nuova edizione del Baccalà Village a cui Antonio Peluso sta già lavorando. Harry di Prisco

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