Il cibo nel tempo

Il cibo nel tempo, nel Rinascimento

Herbolata de maio del M.Martino (XIV sec)

L’erbolata era una ricetta molto comune, legata ai mesi primaverili e qui collegata specificatamente al mese di maggio. Poteva essere preparata con diversi tipi di erbe e compare in molti ricettari. Nel Libro de la cocina del XIV secolo è così descritta: Di tutti i fiori e altre più erbe, quali che tu vuoli, puoi fare erbolato con cascio  e ova e spezie..Piglia altretanto cascio frescho como è dito di sopra et pistalo molto bene, et habi quindici o sidici bianchi d’ova con un quarto vel circha di bon lacte; et pigliarai de le vietole in bona quantità, cioè per la maiore parte, et de la maiorana pocha, salvia assai, menta pocha, petrosillo assai. Et tutte queste herbe pistarai insieme molto bene premendone fora il sucho, et passandolo per la stamegna. Il qual sucho mettirai insieme con le cose sopra ditte mettendo con esse meza libra di bono strutto, overo butiro frescho; et prendirai poche foglie di petrosillo, et pochissime foglie de maiorana, et con un coltello le tagliarai et le battirai più menute che sia possibile, et macinarale molto bene nel mortale incorporandole con le sopra ditte cose, agiongendovi meza oncia di zenzevero biancho, et otto oncie di zuccharo. Et fa’ che tutta questa composizione sia ben mescolata in uno vaso, il quale metterai sopra le brascie lontano da la fiamma del focho, menando continuamente col cocchiaro, o altro intrumento atto a questo, tanto che ti para che se incomenci a pigliare a modo d’un brodetto. Et facto questo haverai apparecchiata in la padella una pasta sottile, et mettirali dentro queste cose sopra ditte, cioè pieno, daendoli il focho temperatamente ad ascio di sotto et di sopra. Et quando ti pare che sia presa abastanza, cavala fore, et metteli di sopra del zuccharo fino et dell’acqua rosata. Et simile torta o herbolata che vogliamo dire, quanto è più verde, tanto è migliore, et mostra più bella Si tratta quindi di una torta, una pietanza molto apprezzata che poteva essere dolce o salata. formaggio fresco, albumi, latte, bietola, maggiorana, salvia, menta, prezzemolo, strutto, (burro),zenzero,zucchero,pasta sfoglia o frolla Prendi tanto formaggio fresco  (700gr)e sminuzzalo molto bene e prepara quindici o sedici albumi e all’incirca un quarto di latte; prendi un buon quantitativo di bietole,  abbastanza salvia e prezzemolo, e poca menta e maggiorana. Pesta tutte queste erbe facendone fuoriuscire il succo e passalo al setaccio. Aggiungi il succo agli ingredienti precedenti assieme a mezza libbra (220gr) di strutto, oppure di burro; prendi ancora qualche foglia di prezzemolo e pochissima maggiorana, tritali con il coltello e fai un battuto finissimo pestato nel mortaio da incorporare poi agli altri ingredienti, aggiungendo mezza oncia(15gr.) di zenzero e otto (180gr)di zucchero. Mescola bene il composto in un recipiente che metterai al fuoco lontano dalla fiamma, mescolando continuamente con un cucchiaio o un altro utensile adeguato, fino a quando incomincia a rapprendersi divenendo denso come un brodetto. Concluse queste operazioni fodera una padella con della pasta sottile e riempila con il composto, scaldandola lentamente sia sotto che sopra. Quando ti sembra che si sia rappresa sufficientemente, toglila dal fuoco e aggiungi di sopra zucchero . Questa “erbolata” è tanto più buona  quanto è più di colore verde.

Il cibo nel tempo, nell'Antica Roma

Basynias.. antenati degli struffoli napoletani

Dolcetti , dall’Antica Grecia a base di uova miele e noci, che si possono considerare antenati degli struffoli napoletani Ingredienti: 300 gr. di farina, 8 uova intere e 2 tuorli, 60 gr di strutto, 300 gr di miele, 4 fichi secchi, 12 noci sgusciate, chicchi di melograno, sale.Preparazione: Fare l’impasto di farina, acqua e strutto  e ricavarne bastoncini come grissini e tagliarli in pezzetti di 2 cm e rosolarli nel miele mentre si spezzettano i fichi e si tagliuzzano le noci unendoli ai chicchi di melograno. Una volta che i “pezzetti” sono croccanti e dorati si rotolano nel trito di fichi e noci e si dispongono su un piatto.

Il cibo nel tempo, nel Medioevo

La ribollita- Anonimo Toscano sec.XIV

I primi manoscritti italiani contenenti ricettari di cucina compaiono negli ultimi secoli del Medioevo, il XIV e il XV. Essi esprimono una cultura già chiaramente definibile come italiana, pur muovendosi in una logica più ampia, di ambito europeo Ingredienti:pane toscano raffermo, fagioli cannellini lessati,cavolo nero, cavolo verza,bietola, patate, carote, porro, cipolla, poca passata di pomodoro,olio di oliva, pepolino,timo Preparazione:Prima di tutto bisogna passare meta’ dei cannellini lessati al passa verdure, diluendo la purea con la loro acqua di cottura. Si prepara un soffritto con cipolla e porro in abbondante olio (utilizzate una pentola capiente a bordi alti) e quando le verdure si sono imbiondite si aggiunge poca passata di pomodoro; si lascia insaporire per qualche minuto, si aggiungono quindi i cavoli, le patate, le carote, tagliati a pezzetti e si lascia stufare dolcemente. A questo punto si mettono nella pentola anche i fagioli interi e il passato e si porta a cottura a fuoco dolcissimo, aggiungendo poco prima del termine il pepolino. Per completare si dispongono le fette di pane in una zuppiera alternandole con mestoli di zuppa: e’ gia buona cosi’, ma naturalmente diventa ribollita solo dopo averla lasciata riposare (in modo che il pane assorba tutto il brodo) e averla riscaldata di nuovo prima di consumarla.

Il cibo nel tempo, nell'Antica Roma

Lumache ingrassate con latte

(Cochleas lacte pastas) Marco Gavio Apicio Prendere delle lumache di media grandezza, pulirle accuratamente, levare loro le membrane in modo che possano uscire e metterle in un contenitore in cui sia stato precedentemente versato del latte e del sale. Lasciare che spurghino per qualche giorno e una volta diventate talmente grosse da non poter più rientrare nel guscio, friggerle in olio ben caldo. Disporle quindi in un piatto da portata e servire in tavola dopo averle irrorate con del vino e qualche goccia di garum. (Apicio, De re coquinaria., libro VII)

Il cibo nel tempo, nel Medioevo

Pesce fritto in saor.. ricettario arabo (1226)

La ricetta è stata scritta da Muhammad bin al-Hasan bin Muhammad bin al-Karīm al-Baghdadi, noto come al-Baghdadi, nel 1226 ovviamente a Baghdad, allora una delle città più ricche, colte e abitate al mondo. Di lui si sa molto poco, il suo manoscritto,dal titolo Kitab al-Tabīh (Il libro dei piatti), è sopravvissuto in un’unica copia Pulire le sarde privandole delle lische,infarinarle e farle friggere in olio bollente. Sgocciolarle e adagiarle su carta assorbente.Affettare sottilmente le cipolle e rosolarle nell’olio d’oliva a fuoco moderato per appassirle senza colorirle. Bagnare le cipolle con aceto in cui e’ stato sciolto lo zafferano, aggiungere il timo, il sale e il pepe in grani. Adagiare le sarde a strati in un recipiente di coccio, cospargerle di foglie di sedano e condirle con la salsa di cipolle e aceto. Tenere al fresco per 24 ore e servire. Per 4 persone: 6 etti di sarde, farina, olio di semi, 4 cipolle rosse, 3 dl di aceto, 1 bustina di zafferano, una manciata di foglie di sedano, olio extravergine d’oliva, sale e pepe

Il cibo nel tempo, nell'Antica Roma

Le lasagne di Apicio

Nel IV Libro del De re coquinaria di Apicio ritroviamo le lagane cucinate in modo da trasformarle quasi in un emblema del “mangiar da ricchi”. Sono infatti composte alternando strati di svariate polpe di carne e pesce, sminuzzate, bollite e insaporite con ogni ben di Dio, con strati di sfoglia: «quotquot posueris, tot trullas impensae desuper adficies» (quante sfoglie porrai, altrettanti ramaioli gettavi sopra di condimento). Infine «unum vero laganum fistula percuties, et superimpones» (una di quelle sfoglie spianala bene col mattarello e stendila sopra come coperta). Il testo apiciano si dilunga nella descrizione della preparazione degli impasti della carne e degli intingoli, ma non dice nulla a proposito di come si doveva procedere nella confezione delle lagane: questo dimostra indirettamente che all’epoca a nessuno era sconosciuto questo tipo di pasta né come si faceva. Sempre nel IV libro della sua opera Apicio ci fornisce un’informazione molto importante riguardo la pasta e in particolare riguardo la pasta secca. Egli suggerisce infatti di usare, a dire la verità come addensante, specie per il brodo, le tractae: «cum furberit, tractam confriges, obligas», quando bolle rompi una sfoglia di pasta e con questa addensa. E, nel Libro VIII, in una delle sue complicate ricette per stracotti, si accenna alle tractae, da sminuzzare nel sugo per infittirlo (“… tractam siccatam confringes et partitibus caccabo permisces”). Le tractae erano ottenute lavorando gli impasti di farina in modo che risultassero ben schiacciati e pressati e così lievitassero meglio. Il fatto poi che fosse una sfoglia da spezzare, non lascia dubbi: si tratta di una sfoglia secca, e perciò frantumabile. Ma si può fare anche un’altra deduzione e cioè che si trattasse di una sfoglia di semola di grano duro, poiché il termine tracta indica un grande sforzo di mani, sforzo che sarebbe stato certamente minore se si fosse impastato con farina di grano tenero. E forse queste tractae, usate da Apicio in modo per così dire indiretto, cioè in pietanze rese nobili e ricche da altri ingredienti, altro non sono che una versione povera delle lasagne, o meglio, di quelle stesse lagane che Orazio mangiava con porri e ceci. In: APICIO, De re coquinaria, Libro IV, Libro IX. E in: APICIO C., Delle vivande e condimenti, ovvero dell’Arte della cucina. Venezia (I), 1852. da: MONDELLI Mariaelena, Antico e vero come la pasta. Ricerca ragionata delle fonti storiche e documentali. Parma (I), 1998, p. 10; PORTESI Giuseppe, L’industria della pasta alimentare. Roma (I), Molini d’Italia, 1957, p. 12.

Il cibo nel tempo, nell'Antica Roma

La sarda farcita di Apicio

Diliscare la sarda, e tritare puleggio (mentuccia), comino, grani di pepe, menta, noci, miele. Riempire la sarda e cucirla. Avvolgerla nella carta e cuocerla sotto coperchio a piccolo fuoco. Condire con olio, vino dolce cotto e salsa di pesce. (A. IX, X, 1). Questa ricetta ricorda quella delle sarde ripiene alla palermitana. Le sarde diliscate vanno riempite con un trito di pinoli, uva sultanina, acciughe, pepe mescolato a del pangrattato e ad un po’ di zucchero. Allineate in una teglia vanno spruzzate di olio e passate in forno. fonte beniculturali.it

Torna in alto