Tradizioni

Ricette, Tradizioni

Schiaccia ‘briaca

La schiaccia ‘briaca (ubriaca, dall’uso di vino nell’impasto e dalle striature rosse in superficie) è un dolce natalizio poco lievitato tipico dell’Isola d’Elba, dove fu portato dai Saraceni che la invasero più volte nel corso dei secoli. La schiaccia infatti, che raccoglie ingredienti tipici della cucina medio-orientale come l’uvetta e i pinoli, in origine non prevedeva l’utilizzo del vino proprio per rispettare i precetti musulmani. L’alchèrmes è un liquore rosso di spezie e cannella di origine araba, molto conosciuto anche a Firenze. L’Aleatico di Portoferraio fu aggiunto nell’800, così le noci, non prodotte nell’isola e quindi assai costose. La versione ottocentesca prevedeva, inoltre, l’impiego del miele isolano al posto del raro e costosissimo zucchero. Il dolce che ne risultava, senza lievito né uova, si poteva conservare a lungo ed era quindi ideale sia per i marinai che per i minatori elbani.  Ingredienti:   300 gr di farina, 120 gr di zucchero, 50 gr di gherigli di noci, 50 gr di uvetta, 50 gr di pinoli, 50 gr di mandorle, 50 ml di olio evo, 1 bicchierino di alchèrmes, 1 bicchiere di Aleatico Preparazione:  Impastate la farina con olio, zucchero e frutta secca, amalgamando bene il tutto con il vino e una parte dell’alchèrmes. Pressate bene il composto in una tortiera foderata con carta forno e cuocetelo in forno a 180°C per 45 minuti. A circa tre quarti di cottura spolverate la schiaccia con zucchero semolato, bagnarla con il resto dell’Alchèrmes e infornarla nuovamente per terminare la cottura.

Ricette, Tradizioni

Vignarola

Una delle minestre recentemente riscoperte è la vignarola, un‘esaltazione della primavera dove non può mancare il carciofo romanesco. Di questo piatto, che esprime la vera tradizione laziale a tavola, manca purtroppo una documentazione storica e la ricetta è arrivata fino a noi tramandata dalla memoria dei nonni e degli osti romaneschi. Così come per la bazzoffia, simile per preparazione e ingredienti, paesi e famiglie se ne contendono la supremazia ritenendosi depositari della versione più autentica. L’etimologia del nome potrebbe essere legata al nome attribuito agli ortolani (“vignarolo”) oppure al fatto che veniva consumata dopo le fatiche nell’orto, ma senza dubbio è imparentata con le zuppe gustate già ai tempi di Orazio e Catone.  Ingredienti (per 4 persone): 200 gr di guanciale (o pancetta), gr 300 di piselli sgranati, gr 300 di fave sgranate, 6 carciofi tagliati a spicchi non troppo grossi, 1 piccola cipolla o cipollotto, 2 cuori di lattuga, mentuccia (facoltativa), crostini di pane, olio evo, sale grosso, pepe in grani.  Preparazione: Tagliate a fettine sottili la cipolla, fatela dorare con un poco d’olio e il guanciale, unite i legumi e le verdure. Bagnate il tutto con circa un litro d’acqua, salate, pepate e cucinate coperto fino a raggiungere la densità desiderata (meglio se le verdure restano abbastanza intere). Unite la mentuccia e servite con crostini di pane raffermo, rosolati nell’olio o tostati in forno.

Ricette, Tradizioni

Sciatt

Letteralmente sciatt in dialetto valtellinese vuol dire rospo. Il nome deriva dalla gobba creata dal ripieno, che li rende somiglianti a sciatt, cioè a rospi. Altri, pur riferendo il termine alla forma irregolare delle frittelle, lo vogliono sincope dialettale di sciadatto = già adatto, cioè senza forma, vicino all’italiano sciatto. Gli sciatt sono però delle frittelline croccanti di forma tondeggiante con cuore di formaggio fuso, solitamente servite su letto di cicoria. Originariamente, gli sciatt erano tipici del solo paese di Teglio, ma vengono oggi considerati una specialità dell’intera valle. Una miscela di farina di grano saraceno e farina bianca viene impastata utilizzando birra, fino ad ottenere un composto non troppo liquido, al quale andranno uniti il formaggio Casera tagliato a dadini, il pane grattugiato, un pizzico di lievito e la grappa Ingredienti (per 4 persone):– farina di grano saraceno gr. 200– farina bianca gr. 100– formaggio Valtellina Casera gr. 250– grappa 1 bicchierino– acqua minerale gassata q.b.– olio per friggere– sale. Preparazione:miscelare in una ciotola le farine, la grappa e il sale, aggiungendo acqua minerale, fino ad ottenere un impasto non troppo morbido. Tagliare il formaggio “Casera” a cubetti (di circa 2 cm di lato) ed immergerli nella pastella. Raccogliere con un cucchiaio un cubetto di formaggio alla volta, adeguatamente ricoperto dall’impasto, e lasciarlo cadere nell’olio bollente.Far colorire gli sciatt e scolarli. Servire gli sciatt molto caldi adagiati su un letto di cicoria tagliata finemente e condita con olio e aceto

Ricette, Tradizioni

Sa fregula

La tradizione gastronomica sarda  ha gusti, sapori e odori il più delle volte inconsueti per chi viene d’oltremare, come insoliti sono i nomi delle pietanze. Sa fregula è un prodotto tradizionale sardo e sono piccole sfere irregolari di pasta di semola di grano duro e acqua, con forma rustica  dal sapore caratteristico che, dopo la naturale essiccazione e tostatura, assumono la doratura. Il termine deriva dal latino frisare, nel senso di sminuzzare e fregola in lingua italiana significa piccolo frammento, frantume, briciola. Sa fregula si forma  bagnando con acqua la semola contenuta in un cestino ed aiutandosi con la mano in un movimento circolare. Si ottengono così piccole quantità di pasta dalla forma sferica che vengono setacciate e differenziate in piccole, medie e grandi ed infine tostate al forno. Ideale per minestre o con sughi marinari, si presta sia come piatto completo o d’accompagnamento. Fregola con cozze e arselleIngredienti per 6 persone : 500 gr. di fregola grossa sarda, 500 gr. di arselle o vongole, 200 gr. di cozze, Olio extravergine di oliva, 2 spicchi d’aglio, 600 gr. di pomodori freschi o pelati, Prezzemolo e basilico. Lavare le cozze e le arselle e metterle da parte con il guscio.Intanto far rosolare l’aglio e il prezzemolo nell’olio extravergine d’oliva Aggiungere le cozze , le arselle e i pomodori . Far cuocere il tutto per qualche minuto. Aggiungere circa un litro d’acqua e una presa di sale e continuare la cottura fino a bollitura. A questo punto aggiungere la fregola e far cuocere per circa dieci minuti mescolando il tutto di tanto in tanto. Servire caldo con un cucchiaio di olio extravergine d’oliva

Ricette, Tradizioni

Luccio in salsa

Le origini del luccio in salsa sono sicuramente molto antiche, se ne ha notizia già nel trattato dello Stefani: “Deve il luccio essere di fiume ovvero di lago buono e non paludoso; fra tutti i pesci, questo dà buon nutrimento… serviti con olio, succo di limoni e verdure; nello spiedo, lardati con angiove, serviti con salsa di capperini, code di gambari, zuccaro e aceto rosato … “ Il luccio, pesce di d’acqua dolce è sempre meno diffuso poiché mangia prede vive, dimora in genere in acque correnti, ha una crescita molto lenta e non si può allevare poiché non sopporta la cattività. La permanenza del luccio nei menù dei ristoranti mantovani può quindi essere interpretata come ricerca e valorizzazione della tradizione perché è un pesce sempre più raro. Sicuramente il pesce di lago e di fiume a Mantova è sempre stato un alimento molto disponibile, a costo zero: la città è costruita come una fortezza, circondata dalle acque; dunque la cucina di pesce d’acqua dolce ha potuto prendere agevolmente piede e svilupparsi abbondantemente nel mantovano. Il luccio in salsa è il “secondo” che maggiormente caratterizza la tradizione gastronomica mantovana ed è generalmente accompagnato da fette di polenta abbrustolita; accostamento insolito per il pesce d’acqua dolce ma al quale i mantovani difficilmente sanno rinunciare anche per antica tradizioneIngredientiLuccio di circa 1kg, Farina fioretto 200g, Bicchiere di vino bianco 1, Costa di sedano, carota 1, Mezza cipolla, capperi, peperoncini sott’aceto, aglio, prezzemolo, acciughe sotto sale, olio q.b ProcedimentoPulire e lavare il luccio. Lessarlo mettendolo in pentola quando l’acqua è calda ma non bollente; aggiungere il vino bianco, la mezza cipolla, la carota e una costa di sedano. Preparare la salsa tritando insieme uno spicchio d’aglio, il prezzemolo, 6 acciughe sotto sale diliscate, un cucchiaio di capperi e 6 peperoncini verdi sott’aceto; il tutto amalgamato con olio extra vergine d’oliva. Quando il luccio sarà cotto, diliscarlo, filettarlo e metterlo in un piatto di portata coperto della salsa. Farlo riposare almeno un paio d’ore al fresco per insaporirlo meglio. Tratto da “Parco del Mincio“

Ricette, Tradizioni

Jota

Tra tante minestre ricche di verdure della cucina regionale friulana spicca questo piatto povero di orgine slava che si trova, con diverse varianti in un’area che comprende il Friuli e la Slovenia e di cui Trieste e Gorizia si contendono il primato. La prima testimonianza della jota ci viene da un documento cividalese scritto in lingua friulana del XV secolo E’ un minestrone a base di fagioli  Borlotti di Carnia PAT ma anche Lamon della Vallata Bellunese IGP, foglie di cavolo cappuccio messi in concia sotto sale o nell’aceto (crauti) pancetta, costine affumicate e cotenna di maiale, cotto a lungo in una pentola preferibilmente di coccio. La versione goriziana ha un caratteristico colore scuro per la maggior quantità di fagioli e la presenza di orzo. Ingredienti per 4 persone: 500 g di crauti acidi (preferibilmente sfusi),200g di fagioli,4 patate, 2 foglie di alloro, cumino,2 spicchi di aglio,sale,pepe,olio, farina Procedimento: La sera prima mettere i fagioli a bagno in acqua fredda. In una pentola far scaldare l’olio e far rosolare 2 spicchi di aglio schiacciati fino a portarli a doratura. Quindi eliminare l’aglio. Aggiungere i crauti e coprirli a raso con acqua. Aggiungere un pizzico di cumino, sale e pepe. Far consumare a fuoco lento per circa 1/2 ora. In un’altra pentola cucinare i fagioli, lavati e scolati, con il brodo vegetale e 2 foglie di alloro, a fuoco lento per 1 ora e 15 minuti. Tagliare le patate a pezzetti, aggiungerle al brodo e fagioli, e proseguire la cottura per 15 minuti. Togliere dal fuoco e passare fagioli e patate fino ad ottenere una purea omogenea. Aggiungere la purea così ottenuta ai crauti preparati in precedenza. A parte, in un piccolo pentolino, soffriggere i rimanenti spicchi di aglio schiacciati in 1 – 2 cucchiai di olio. Eliminarli una volta dorati.  Stemperare nell’olio la farina mescolando attentamente per evitare la formazione di grumi. A tostatura avvenuta aggiungere la farina alla minestra. Aggiungere di sale e pepe e servire calda accompagnata da crostini di pane.

Ricette, Tradizioni

Pane frattau

Un piatto tipico della Sardegna pastorale tra i più conosciuti, molto nutriente, buono e facilissimo da preparare. Il pane carasau, alla base di questo piatto, è il pane croccante, molto sottile, che le donne della Sardegna preparavano per i pastori che andavano sulle montagne a pascolare il gregge e stavano mesi lontani da casa, avendo quindi necessità di portare con se del cibo che non si deteriorasse nel tempo. Le donne di casa preparavano il pane carasau una volta al mese e di solito in gruppo, perché lavorare l’impasto era molto faticoso; era un lavoro a catena, ognuna aveva un compito e tutto si eseguiva secondo un rituale magico e accorto. Il pane doveva durare almeno due mesi e quindi doveva essere fatto con attenzione. Leggenda vuole che il Pane Frattau abbia le sue radici nelle vecchie usanze dei pastori: quando questi partivano all’alba con le greggi, riponevano nella loro “taschedda” (comodo zaino in pelle) il cibo per la giornata: un po’ di pane carasau, del pecorino e dell’acqua. Al tramonto, al rientro a casa, il pane carasau così conservato si sminuzzava (vrattau/frattau, appunto) dentro la “taschedda” e tutto ciò non veniva mai buttato,ma ammorbidito nel brodo condito con un po’ di salsa di pomodoro e col pecorino rimasto e mangiato per cena. Queste sono le tradizioni pastorali più povere che hanno portato oggi a quella saporitissima pietanza arricchita dall’uovo in camici Ingredienti· gr. 400 di pane carasau· gr. 50 di pomodori pelati· gr. 100 di pecorino grattugiato· n. 4 uova· n. 1 spicchio d’aglio· basilico abbondanteDescrizione:Va preparato un sugo leggero con pomodori pelati, aglio, olio extravergine di oliva e basilico. Il tutto deve cuocere per 10-15 minuti. Nel frattempo si fa bollire, a parte, in un tegame largo e alto, dell’acqua con un pizzico di sale, si spezza il pane e pezzo per pezzo si immerge, solo un attimo, nell’acqua bollente e si adagia sui piatti dei vari commensali. Strato dopo strato si condisce col sugo preparato precedentemente e una spolverata di pecorino, fino a raggiungere la dovuta porzione.Infine, nella stessa acqua, si fanno cuocere le uova in camicia che verranno adagiate sul piatto pronto.

Ricette, Tradizioni

Panzanella Umbra

La Panzanella è un piatto tipico dell’Italia centrale che risale alla tradizione povera contadina. A base di pane raffermo, aceto, olio extra vergine di oliva e verdure, la Panzanella è un piatto delizioso che solo recentemente è stato riscoperto e valorizzato tanto da essere anche proposto dai ristoranti più ricercati della zona come tipica prelibatezza. È un piatto freddo semplicissimo, davvero ottimo nelle giornate troppo calde. Questa è una delle versioni più vecchie e semplici,ci sono ricette più ricche che prevedono l’aggiunta di pomodori a pezzetti, tonno, fettine di cetriolo fresco.La versione del piatto delle zone al confine con la Toscana hanno tra gli ingredienti abbondante cipolla. Ingredienti per 4 persone: 400 g di pane casereccio raffermo,qualche foglia di basilico2 cucchiai d’aceto di vino,6 cucchiai d’olio extravergine d’oliva,sale,pepePreparazione: Affettate il pane e bagnatelo con acqua, quindi strizzatelo con delicatezza perché non si spezzi. Conditelo con il basilico spezzettato con le mani, l’olio, l’aceto ed il sale. Fate riposare in luogo fresco per almeno un’oretta prima di servire. spunti tratti da tuscanyandumbria

Ricette, Tradizioni

Agnolotti del plin

I Plin sono una preparazione tradizionale del Piemonte, il cui nome deriva dal pizzico che viene dato alla pasta per racchiudere il ripieno, stretto in una sfoglia sottile. Sono minuscole tasche di sfoglia all’uovo ripiene. I Plin vantano origini antiche e sono, nel 1846, citati in una ricetta di un cuoco torinese, Francesco Chapusot. La tradizionalità del prodotto è attestata anche da testimonianze locali.Gli ingredienti di base per preparare la sfoglia sono: farina di grano tipo 00, uova intere e tuorli, un cucchiaio di olio extravergine di oliva. Per il ripieno, invece, possono essere usati: arrosto vitello e coscia di maiale, uova intere, spinaci, parmigiano, noce moscata, sale e pepe.Si tratta di una preparazione piuttosto laboriosa perché prevede una lavorazione anche per il ripieno, che una volta cotto, va lasciato raffreddare e tritato. Si prepara quindi la sfoglia, disponendo la farina a fontana su una spianatoia, e unendovi gli altri ingredienti. L’impasto viene steso in una sfoglia sottilissima, per poi procedere alla formazione dei Plin, evitando che la sfoglia indurisca: con le dita si formano delle piccole nocciole di ripieno e si dispongono sulla sfoglia a circa un centimetro dal bordo e alla distanza di un centimetro l’una dall’altra. Si ripiega sulla fila di mucchietti di ripieno il bordo della sfoglia e si fa aderire longitudinalmente, con una leggera pressione delle dita, quindi, si taglia la fila di Plin con una rondella. Quindi si imprime un pizzicotto alla pasta (il plin), per saldare il ripieno.Con la rondella si separano i piccoli agnolotti uno dall’altro e si fanno riposare al fresco per un paio d’ore, in modo che asciughino leggermente. Il ripieno può presentare, a seconda delle zone, alcune variazioni; nelle Langhe, ad esempio, oltre alle carni di vitello e di maiale è aggiunto il coniglio e, per quanto riguarda le verdure, d’inverno sono utilizzati anche il cavolo verza o la scarola.  Agnolotti del plin al sugo d’arrosto Ripieno250 gr arrosto vitello250 gr arrosto maiale100 gr Grana Padanovino rosso – 1 bicchiereuovobrodo vegetale q.b.cipollaspinaci q.b.olio extra vergine d’olivarosmarino, noce moscata, sale, pepe q.b. Sfoglia250 gr farinauovo e 2 tuorlisale q.b.acqua tiepida- tazzina Soffriggere in olio, cipolla e rosmarino ed unire gli arrosti – preferibilmente in 2 teglie separate – salare ed irrorare con vino rosso, evaporando a fiamma elevata. Cuocere a fuoco lento in teglie coperte, aggiungendo mestoli di brodo vegetale. Sbollentare gli spinaci per alcuni minuti. A cotture ultimate, conservare il sugo degli arrosti, tritare le carni ed aggiungere spinaci tritati. Unire, sale, pepe, noce moscata, Grana Padano grattugiato e uovo: amalgamare bene gli ingredienti. In spianatoia, preparare la sfoglia: fontana di farina, tazzina acqua tiepida, poco sale, 2 tuorli e uovo.  Lavorare a lungo l’impasto e tirare sfoglia molto sottile. Ritagliare lunghe strisce e disporre piccole quantità di ripieno a distanza di 3/5 centimetri; ricoprire con altra striscia di pasta, premere bene gli spazi vuoti tra un ripieno e l’altro.  Ritagliare gli agnolotti con apposita rotella e prima di staccarli, premere la pasta tra l’uno e l’altro, stringendola in un pizzicotto: il “plin”, appunto. Cuocere gli agnolotti per alcuni minuti, in acqua bollente salata, scolare e disporre su piatto da portata, condire con il sugo degli arrosti, usati per il ripieno; unire noce di burro, con Grana Padano.

Torna in alto