Tradizioni

Ricette, Tradizioni

Mondeghili

Mondeghili e la sua rara forma al singolare, mondeghilo, sono una delle pochissime parole che oltre centocinquant’anni di dominazione spagnola hanno lasciato nel dialetto di Milano. Il Cherubini nell’opera Dizionario Milanese Italiano, Milano 1839, scrive riguardo ai mondeghili: “specie di polpette fatte con carne frusta, pane, uovo, e simili ingredienti”.In una Italia dove per tutti una preparazione prevalentemente tondeggiante a base di carne trita, carne sia fresca che di recupero di quanto avanzato a livello di arrosti e di bolliti, è la polpetta, a Milano la stessa parola contraddistingue un involtino di verza ripieno di carne, la Polpett de verz , chiamate comunemente polpette di verza o verzotti, anche se nei tempi più lontani il ripieno poteva essere avvolto in una fettina di carne piuttosto che in una rete di maiale.Così, quelle che per il Resto d’Italia è la polpetta, per i milanesi è il mondeghilo o, ben più spesso, i mondeghili perché non è uso gustare una singola polpetta.La parola mondeghilo/i arriva a noi dalla Spagna che a sua volta la mutuò dall’arabo, popolo che insegnò a quello spagnolo l’uso di confezionare una sfera di carne trista per poi friggerla.Tutto parte dal termine “al-bundukc” che i castigliani hanno fatto loro con “albondiga” ovvero sia polpetta ancora ai giorni nostri. Da lì noi milanesi avremmo mutuato l’albondeguito e l’albondeghito per arrivare nel tempo amondeghilo.Oggigiorno è facile che anche a Milano ci si confonda tra polpetta e mondeghilo, con tanti che credono che il mondeghilo sia una speciale versione di una polpetta. Non sono arrivate a noi ricette seicentesche. Questo perché è frequente la presenza tra gli ingredienti della patata che fino alla metà dell’Ottocento non è era una materia prima comune in città.Ricetta di recupero del manzo avanzato, prevede un impasto arricchito con salsiccia, salame crudo o mortadella, possibilmente di fegato, del maiale insomma per dare più sapore.Quindi pane bagnato nel latte, meglio ancora se mollica, uovo (magari con gli albumi montati a neve), grana padano, aglio o cipolla, noce moscata.I mondeghili vanno infine fritti nel burro rosso, lo stesso che dovrà essere usato per schiumarli una volta disposti nel piatto di portata come un tempo si era soliti fare anche con la Cotoletta. L’uso del burro chiarificato è una modernità come quella di cuocerli in un sugo di pomodoro.Proprio perchè si tratta di ricetta di recupero Angelo Dubini autore de La cucina per gli stomachi deboli nel 1842 scriveva: “Mai mangià i mondeghilj a l’osteria” Ingredienti: • 400 g carne di manzo o avanzi di lesso o brasato• 100 g di salsiccia sbriciolata• 100 g mortadella di fegato• 2 uova intere• 1 cucchiaio di mollica di un panino raffermo bagnata nel latte• Grana Padano DOP grattugiato• prezzemolo tritato• 1 spicchio d’aglio• sale, pepe, noce moscata• pane grattugiato• burro Descrizione:In una terrina, mettere la carne passata nel tritacarne, la salsiccia e la mortadella tritate e la mollica di pane ben strizzata e sbriciolata.Mescolare e aggiungere le uova intere, il prezzemolo, lo spicchio d’aglio tritato, il Grana Padano grattugiato, un po’ di sale e pepe e la noce moscata. Amalgamare bene l’impasto con un cucchiaio di legno e formare delle polpette, leggermente schiacciate, passarle nel pane grattugiato, friggerle nel burro dorandole da ambo le parti. Servire i mondeghili caldissimi

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Manzo all’olio

Pare che le origini di questo piatto siano a Rovato, in Franciacorta, e risalgano al Cinquecento. Descrizione:Pulire la carne e legarla con lo spago. In una pentola capiente preparare un soffritto con il burro, le acciughe, l’aglio e la cipolla tritata finemente;adagiarvi poi la carne, salare e coprirla con l’acqua. Cuocere a fuoco medio per 2 ore circa. Aggiungere l’olio, il pane a pioggia (o la maizena diluita in poca acqua). Cuocere ancora per 20 minuti muovendo la carne con frequenza per non farla attaccare. Togliere la carne dal sugo di cottura ed aggiustarne eventualmente la densità. Servire il manzo a fette di 4-5 cm di spessore ricoperto dal sugo di cottura accompagnando con polenta o crostone di pane Ingredienti: 1 cappello di prete di manzo del peso di 1 kg2 spicchi d’aglio2 acciughe salate1 cipolla piccola dorata del Vogherese1 dl di Olio Extravergine di Oliva Laghi Lombardi DOP25 g di maizena o pane secco grattugiato finemente25 g di burrosale

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Risotto col “puntel”

Un risotto, una variante del riso alla pilota,  preparato nei periodi invernali, quando nelle cascine si uccide il maiale,che ripropone sempre un giorno di festa. Viene presentato guarnito di costine o braciole cotte ai ferri che vengono gustate insieme al riso. Ingredienti per 4 persone 20 costine di maiale polpose• 400 g di riso Vialone Nano• 400 g di pesto di maiale• 400 g di acqua• 100 g di burro• 100 g di Grana Padano DOP grattugiato• 300 dl di birra• aglio• alloro• pepe Descrizione: Mettere a marinare in una teglia da forno le costine con gli aromi per 12 ore. Successivamente aggiungere il sale e la birra, quindi metterle in forno per 90 minuti a 150 °C coperte con un foglio di alluminio. Togliere l’alluminio e rosolare per 15 minuti a 180 °C. Al termine tenere al caldo.In una pentola di alluminio far bollire l’acqua con poco sale grosso, quindi aggiungere il riso e tenere a fuoco alto per 3 minuti. Spegnere il fuoco, coprire la pentola con un canovaccio e il coperchio e metterla sopra un frangi-fiamma su fuoco molto basso per 20 minuti. A parte cuocere la salsiccia con poco burro e sfumare con mezzo bicchiere di vino bianco. A cottura ultimata unire la salsiccia al riso e mescolare col formaggio grattugiato. Servire su piatto con le costine tagliate

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Pisarei e faśö

Probabilmente la specialità più rinomata tra i piatti tipici piacentini.Un piatto povero ma gustosissimo, che si tramanda da nonna a nonna, legato alla tradizione piu rurale di questa terra  costituito da gnocchetti di farina e pangrattato conditi con fagioli, lardo cipolla e pomodoro.La farina, allora,  veniva tagliata appunto con pane raffermo per risparmiare la materia prima, e venivano utilizzati i materiali derivati dalla macellazione del maiale “cotiche, salsiccia lardo”  Molte le spiegazioni sulla parola Pisarei, le più attendibili sono due; la prima deriverebbe dalla storpiatura della parola piacentina Bissa, cioè biscia-serpente come la forma delle striscie di pasta prima di essere tagliate. L’altra che deriverebbe dalla parola spagnola Pisar, cioè pestare-schiacciare; infatti i gnocchetti vanno schiacciati leggermente con le dita per dar loro la tradizionale forma. Ingredienti per 6 Persone.per l’impasto: 500gr. di farina, 150gr. di pane secco grattugiato, acqua.Per il sugo: 400gr. di fagioli secchi, “occorre ammollarli in acqua per circa un giorno” una cipolla, una carota e un pezzo di sedano tritati, 250gr. di salsa di pomodoro, una salsiccia lucanica (la luganga), un cucchiaio di lardo pesto  olio d’oliva, formaggio grana.Descrizione:Versare il pane in una terrina e scottarlo con un pò di acqua calda, amalgamarlo con la farina fino ad ottenere un ‘impasto abbastanza morbido. Staccare da esso delle porzioni grosse come un limone e con le mani formare delle strisce a forma di serpentello, tagliare dei tocchetti non troppo grossi spolverarli di farina e schiacciarli ad uno a uno con il pollice fino a che si ottiene la forma di un gnocchetto. In un tegame fare soffriggere nell’olio e nel lardo le verdurine tritate, la salsiccia spezzettata e poi versarvi i fagioli scolati e cuocere il tutto a fuoco lento per almeno un ora. Aggiungere poi la salsa di pomodoro e continuare la cottura fino a che la salsa si sia ristretta, se il sugo asciuga troppo aggiungere acqua calda salata. Fare cuocere i pisarei in acqua bollente, quando questi vengono a galla scolarli facendo attenzione che questi rimangono bei umidi  e condirli abbondantemente in una zuppiera con il sugo ottenuto. spunti tratti da piacenzantica.it Pubblicato in: Emilia-Romagna

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I capunsei

Piatto tradizionale dell’Alto Mantovano in cui la fantasia e l’abilità riescono a trasformare un piatto con ingredienti poveri in una vera prelibatezza Ingredienti: 4 etti di pane raffermo grattugiato, 1 uovo intero sbattuto con sale e pepe, formaggio grana grattugiato molto abbondante, uno spicchio d’aglio 30 gr di burro sciolto, brodo q.b. Descrizione: Disporre il pane grattugiato mescolato a sale e pepe sulla spianatoia facendone una montagnola con un buco al centro nel quale verrà versato un cucchiaio di burro sciolto in precedenza; a parte far bollire il brodo, anche vegetale e versarlo molto caldo sul pane, molto adagio, fino a quando non viene assorbito in modo da risultare un impasto omogeneo e lavorabile con le maniStendere l’impasto sulla spianatoia e, una volta freddo, aggiungere l’uovo sbattuto, il formaggio e lo spicchio d’aglio tritato finemente. Con le mani fare dei rotolini e tagliarli in piccoli gnocchetti come quelli di  patateVersare “i capunséi” nel brodo bollente e scolarli non appena affiorano. Condire con burro fuso e formaggio e si possono aromatizzare con erbe: salvia, rosmarino, maggiorana, basilico leggermente soffritti.

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I Rabaton della Fraschetta

Il Rabatón è un piatto primaverile, in particolar modo del periodo pasquale, che era il momento della rinascita negli orti e nei campi, delle bietole da taglio , delle insalate, delle ortiche, ecc..ecc.., coincideva con l’arrivo dei pastori che dopo aver svernato in pianura e prima dell’alpeggio passavano per le case proponendo u sirass (la ricotta), se mancava la ricotta si usava la mascherpa, latte rappreso con l’aiuto di acqua e aceto, infine le uova, che le galline riprendevano a deporre dopo il fermo invernale.Il Rabaton (PAT) è un piatto contadino della pianura tra Alessandria e Tortona che prende il nome dal gesto che si fa per formare degli gnocchetti schiacciando e arrotolando tra le mani o su un piano di legno una piccola quantità di impasto (dal dialetto “rabatare” “rotolare”). Da un’amalgama di bietole lessate e tritate, ricotta fresca, uova, pangrattato, farina, grana grattugiato, sale e pepe, si ricavano rotolini lunghi quattro centimetri e spessi uno. Si possono consumare in brodo oppure scolati conditi con abbondante burro soffritto con aglio e salvia e con altro formaggio e passati a gratinare in forno.Ingredienti per 4 persone:250 g di ricotta scolata)800 g di biete2 cucchiai di maggiorana1/2 cucchiaio di prezzemolo1 spicchio di aglio80 g di Parmigiano Reggiano2 cucchiai di pangrattato2 uova6 cucchiai di farina 0050 g di burronoce moscata q.b.sale e pepe q.b.Descrizione:Mondare le biete, lessarle in acqua bollente salata e scolarle in acqua e ghiaccio per mantenerne cottura e colore e poi ricavarne circa 400 g strizzandole bene.Nel frattempo, far sgocciolare la ricotta dal suo latte.A questo punto, saltare le biete in padella con una noce di burro e uno spicchio di aglio e tritarle finemente.Mettere le bietole tritate in una ciotola e aggiungervi il prezzemolo e la maggiorana tritati, la ricotta sgocciolata, 40 g di parmigiano, il pangrattato, un uovo e un tuorlo e amalgamare il tutto regolando di sale, pepe e noce moscata. L’impasto non dovrà essere né troppo asciutto né troppo morbido.Adesso, formare i rabatòn con le mani ricavando una sorta di mezzo sigaro lungo circa 4 centimetri, dal diametro di 3 o 4 centimetri. Ci si può aiutare con la farina per arrotolarli.Lessare i rabatòn in abbondante acqua salata fino a che non risalgono in superficie, come si fa per gli gnocchi e i ravioli.Una volta cotti, i rabatòn possono essere messi in una pirofila imburrata, aggiungere il parmigiano grattugiato, il burro rimasto e far gratinare in forno caldo a 190-200°C per circa un quarto d’ora

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Torta di riso Reggiana

E’ il dolce campagnolo che saluta la primavera. l’ingrediente base è il riso cotto nel latte, cui si aggiungono uova sbattute, zucchero, mandorle, semi d’anice e scorza di limone. La torta di riso è considerata dai Reggiani un dolce locale della tradizione, anche se, in altre parti di Italia si realizzano torte con questo particolare ingrediente dalle numerose varianti,. Si ritiene che la sua diffusione a Reggio Emilia nasca grazie alle “mondine”, le ragazze più giovani delle famiglie contadine che nei primi anni del Novecento, durante la raccolta del riso, si trasferivano nelle piantagioni nelle zone di Vercelli. Il riso, oltre al denaro, costituiva una parte importante dello stipendio della mondina; da qui la diffusione del suo impiego in numerose ricette della cucina reggiana. Pare, tuttavia, che una simile ricetta abbia origini assai lontane, essendo citata a metà del XV secolo da Maestro Martino da Como, cuoco al servizio del patriarca di Aquileia, nel suo trattato De arte coquinaria, seppure con varianti di preparazione. Ingredienti: 150 gr di riso, 1 litro di latte fresci intero, 150 gr di zucchero, 1 pizzico di sale, 3 uova intere, 3-4 cucchiai di Sassolino o Anicione, 1 limone grattugiato.Procedimento:Si porti ad ebollizione il latte con un pizzico di sale, si versi il riso e lo si lasci cuocere. Si aggiunga lo zucchero, la scorza di limone grattugiata ed il liquore Sassolino. Quando l’impasto si è raffreddato, si incorporano i tuorli delle uova (uno alla volta e il successivo solo dopo che il primo sia completamente amalgamato) e quindi gli albumi. mettere il tutto in uno stampo imburrato e infarinato e lasciare riposare per due ore. Si proceda alla cottura in forno alla temperatura di 180 C° per 45 minuti circa. Zuccherare in superficie e spruzzare con il liquore d’anice.

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La Torta di Pasqua a Perugia

Si tratta di una torta salata, tipica delle feste pasquali, che a Perugia viene chiamata torta di Pasqua, di forma assai simile al ben più famoso panettone natalizio meneghino. Viene preparata con grande impegno, di spesa e di tempo, il Giovedì o il Venerdì Santo, e la tradizione vuole che, essendo questi giorni di digiuno e di astinenza, non si dovrebbe assaggiare finché non si “sciolgano le campane”, a conclusione cioé del periodo di penitenza.La buona riuscita della torta di Pasqua ha messo sempre in gioco la reputazione di ogni massaia. Ciascuna casa era un tempo pervasa dai preparativi: nella notte cominciava il lavoro che durava quasi l’intera giornata. La preparazione è la seguente: alla pasta del pane si aggiunge il lievito di birra, che raddoppia il volume dell’impasto, quindi farina, uova sbattute, olio extravergine di oliva, strutto, pecorino stagionato di Norcia grattugiato, pecorino fresco a tocchetti, sale e pepe.Data la grande quantità, è questa una delle poche ricette che vede impegnato l’uomo della famiglia, coinvolto per lavorare l’impasto tanto a lungo, finché risulta liscio e lucido. A questo punto, si pongono le forme a lievitare in stampi di coccio a tronco di cono. Ultimata questa delicatissima operazione, si passa alla cottura nel forno a legna.Dopo circa tre ore, si sfornano torte di un bel colore ambrato, pronte a troneggiare sulle tavole il giorno di Pasqua, insieme con il capocollo, le uova sode ed un bel cosciotto d’agnello.  Richiamando gli antichi riti pagani della Fertilità e dell’Abbondanza e quelli cristiani del Giovedì Santo, la torta di Pasqua viene portata in chiesa, per essere benedetta insieme a tutti i cibi da consumarsi il giorno di Pasqua.Oggi la torta può essere acquistata tutto l’anno, anche in confezioni sottovuoto, in ogni punto di vendita alimentare e, pur mantenendo la sua forma originale, ne ha acquistato delle altre, come quella rettangolare del pan-carré, oppure bassa come una schiacciata, oppure lunga e affusolata come un grande grissino.La si può trovare anche già farcita e fatta a spicchi, con salame, prosciutto, tonno e maionese e tanti altri ingredienti. Per conferirle un sapore meno forte, nella ricetta è stato introdotto il burro al posto dell’olio ed il pecorino è stato sostituito dal parmigiano.La lavorazione industriale l’ha resa più leggera e digeribile. www.comune.perugia.it

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Lepre al civet

Questa particolare pietanza piemontese, si cucina tradizionalmente anche con il coniglio, il capriolo, il camoscio e il cinghiale e viene servito con polenta o patate bollite. Per la marinataIn una terrina: lepre a pezzi, 8 grani di pepe nero, 1 foglia di alloro, 1 rametto di timo, 2 o 3 grani di ginepro, 5 ciuffetti di prezzemolo, 1 cipolla a pezzetti, 2 spicchi d’aglio, 1 gambo di sedano e 1 carota tagliata a rondelle. Coprire con vino rosso e lasciare marinare per due giorni.ProcedimentoTogliete i pezzi di carne dalla marinata. Scolate le verdure e mettetele da parte. Asciugate i pezzi di lepre e rosolateli in una pentola da stufato con poco burro fuso. Spolverateli con una spruzzata di farina. Aggiungete sale, pepe, un bouquet garni e le verdure. Ricoprite la carne con il vino della marinata e portate a bollore. Abbassate il fuoco e cuocete dolcemente per due ore. Verso la fine cottura si aggiunge il sangue fatto sciogliere sul fuoco.A cottura ultimata, togliete la carne, ponetela su un piatto e frullate il sugo. Rimettete il tutto nella pentola e fate scaldare per pochi minuti prima di servire con un contorno di patate o polenta.

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