Tradizioni

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Brasato al Barolo

Il brasato al Barolo è un piatto tipico della tradizione culinaria Piemontese molto gustoso ma  laborioso nella preparazione.Dell’origine del brasato al Barolo, non si sa molto, anche se il metodo di cottura per la preparazione del brasato era conosciuto già in antichità. Ingredienti (per 4 persone): gr. 800 di carne magra della coscia di manzo, gr. 50 di pancetta, gr. 50 di burro, una spruzzatina di brandy, farina 00.Per la marinatura: Una bottiglia di Barolo non molto invecchiato, 2 o 3 carote, 2 costole di sedano, una cipolla, le foglie di un rametto di rosmarino, 3 chiodi di garofano, un pizzico di timo, uno spicchio d’aglio, una foglia di alloro, un pezzetto di cannella, 3 grani di pepe raccolti in un sacchettino di garza.Preparazione: Steccate la carne con qualche listarella di pancetta, mettetela in una terrina con le verdure tagliate a pezzetti e il sacchettino con gli aromi e le spezie; versate il barolo, coprite con un piatto e lasciate marinare (circa un giorno), coperto, in luogo fresco (non in frigo), rimescolando qualche volta. In una casseruola soffriggete nel burro la rimanente pancetta tritata, poi rosolate la carne scolata e leggermente infarinata, versate quindi tutta la marinata e portate a bollore; dopo una decina di minuti togliere il sacchettino degli aromi, salate, coprite e portate a cottura a fuoco basso. Togliete quindi la carne e tenetela al caldo, passate il sugo nel passa verdure, rimettetelo sul fuoco, addensatelo, regolatelo di sale e spruzzatelo col brandy. Dopo qualche minuto di bollore versatelo sulla carne affettata e servite con polenta o purè.

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Torta di tagliatelle

L’origine di questo curioso dolce che viene dalla tradizione rurale è ancora sconosciuta. Notizie della sua prima diffusione sono state riscontrate nella metà del XIX secolo in quanto la ricetta compare in un ricettario mantovano dell’epoca appartenente ad una collezione privata. La Torta di Tagliatelle o “turta tajadina” è un dolce di sfoglia di pasta classica, ridotta in tagliatelle sottili e mescolate a strati alterni con mandorle tritate, zucchero, burro e cotta al forno. Ingredienti Farina bianca 300 gr 3 tuorli Zucchero 200 gr Mandorle sbucciate e tritate 200 gr Burro 70 gr Liquore secco un bicchierino ProcedimentoPreparate una classica sfoglia con farina e tuorli, con l’aggiunta di un cucchiaio raso di zucchero e tagliatela in tagliatelle sottili, come quelle per il brodo. Mescolate le mandorle con lo zucchero e procedete a formare gli strati della torta. Nella tortiera imburrata disponete un leggero strato di tagliatelle, poi uno di mandorle e zucchero, distribuendo qua e la qualche fiocchetto di burro e una spruzzatina di liquore. Continuate così fino all’esaurimento degli ingredienti: dovrebbero risultare 3 strati di tagliatelle inframmezzati dalle mandorle. Cuocete in forno a 180° e quando la torta avrà preso un colore dorato (dopo circa 40 minuti) sarà pronta. fonte parcodelmincio.

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Torta nera

La torta nera di mele del Monferrato è una delizia antica, nata per sfruttare le mele che abbondavano nelle cascine, una varietà locale di mele  dolci e saporite che allora venivano ridotte in purea e unite a uova, pan grattato e zucchero. Nel tempo sono stati aggiunti  amaretti e cacao.Veniva cotta lentamente nelle stufe di una volta, presenti in ogni cucina e la cottura lenta colorava le mele e caramellava lo zucchero rendendo la torta di un bel colore scuro . ingredienti: per 8/10 persone – 1 kg di mele dolci – 1/2 bicchiere di vino bianco, 2 etti di cacao zuccherato – 25 g di cacao amaro – 2 etti di amaretti secchi sbriciolati – 2 uova intere – 1 pizzizo di sale – noca moscata grattuggiata – 1/2 limone grattuggiato Procedimento:Accendere il forno a 180° e cuocere le mele a pezzetti con il vino e passarle al setaccio, unire il cacao, gli amaretti, le uova, un pizzico di noce moscata e un pizzico di sale;amalgamare il composto e riempire una teglia ricoprendo con carta da forno.Infornare a 180° per due ore. Il classico metodo dello stuzzicadenti è sempre valido per verificare la cottura. Va servita fredda

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Il Bonét

Il bonèt  è un budino di antichissima tradizione, tipico del Piemonte.In lingua piemontese il termine bonèt indica un cappello o berretto tondeggiante, la cui forma ricorda quella dello stampo in rame, a tronco di cono basso in cui viene cotto il budino.Esistono  due tipi  di bonèt. Il bonèt tradizionale, oggi meno diffuso, è detto “alla monferrina” e non propone nè cacao né cioccolato, ma solo uova, latte, zucchero e amaretti.Diversi documenti delle corti minori del Piemonte indicano come il dolce  fosse già presente nei banchetti del XIII secolo. Ingredienti: 10 tuorli d’uovo, 8 cucchiai di zucchero, 100 gr. amaretti, un bicchiere di rhum, 50 gr. cacao, 0,700 lt. di lattePreparazione:Sbattere in una ciotola i tuorli con lo zucchero fino ad ottenere una massa compatta.Aggiungere il cacao, gli amaretti sbriciolati e il rhum. Quando tutto sarà omogeneoaggiungere il latte freddo e mescolare. A parte in un piccolo tegame fare cuocere un po’ d’acqua con 5 cucchiai di zucchero. Quando lo zucchero prende una colorazionemarroncina, versarlo sul fondo della teglia, aspettare che si raffreddi e versare il composto.Cuocere a bagno maria per 50 minuti. A cottura ultimata, lasciare riposare alcune ore in luogo fresco. Capovolgere e servire freddo.

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Torta Pasqualina

Questa torta dalle origini assai antiche è una famosa specialità genovese, chiamata così perchè si usava (e si usa) prepararla e mangiarla soprattutto a Pasqua. L’esistenza della torta pasqualina genovese è documentata dal XVI secolo, quando il letterato Ortensio Lando la cita nel Catalogo delli inventori delle cose che si mangiano et si bevano. Allora era nota come gattafura, perché le gatte volentieri le furano et vaghe ne sono, ma anche lo stesso scrittore ne era ghiotto tanto da scrivere: “A me piacquero più che all’orso il miele”. Nei secoli scorsi uova e formaggio, ingredienti essenziali della pasqualina, erano alimenti che si consumavano solo nelle grandi ricorrenze.Rappresenta il clou del pranzo pasquale e in passato era l’apoteosi dell’abilità delle casalinghe.Ingredienti:Per la pasta: 400 g di farina bianca 2 cucchiai d’olio extravergine d’olivasale acquaPer il ripieno:500 g di bieta200 g di ricotta (o di latte cagliato)50 g di burro fuso6 uova1 cucchiaio di maggiorana fresca (1 cucchiaino se essiccata)4 cucchiai di parmigiano grattugiato4 cucchiai di pecorino grattugiato1 bicchiere di latte1 bicchiere d’oliosale e pepePreparazione:Impastare la farina con l’olio e il sale; aggiungere man mano tanta acqua tiepida quanto basta per ottenere un impasto consistente e morbido; lavorarla finché si formino delle bollicine d’aria. Coprire con un tovagliolo umido e far riposare (chi lo volesse può usare pasta sfoglia surgelata).Stendere 6 sfoglie il più sottili possibile con un mattarello, perché questo piatto tradizionale ligure è tanto più buono quanto più sottili sono le sfoglie di pasta.Pulire la bieta, lavarla e cuocerla in una casseruola con poco sale, senz’altro. Cuocere a fuoco basso, e con il coperchio, per 6 minuti. Appena cotta strizzarla bene, tritarla finemente e metterla in una ciotola grande.Aggiungere la ricotta sbriciolata (o il latte cagliato), 2 uova intere, il parmigiano grattugiato, metà pecorino e la maggiorana: se l’impasto è troppo solido, ammorbidire con il latte.Foderare con una sfoglia uno stampo apribile, unto d’olio, ungere la sfoglia con un pennello intinto nell’olio e sovrapporne a una a una, le altre due, ungendole sempre con l’olio tranne l’ultima. Disporre il ripieno e con un cucchiaio scavare 4 incavature in cui si porranno le uova intere, crude. Salare e cospargere con il resto del pecorino. Chiudere con una sfoglia di pasta e sovrapporvi le altre due, sempre ungendo con il pennello da cucina la superficie tra una e l’altra.Sigillare con i ritagli di pasta formando un cordone tutt’intorno al bordo. Ungere la superficie con un po’ d’olio e perché risulti più dorata, con parte di un uovo intero battuto; bucare la superficie con uno stuzzicadenti,  facendo attenzione a non rompere le uova e infornare in forno già caldo, a 200°C, per 40 minuti.Si può servire tiepida, ma anche fredda, durante il pranzo del lunedì di Pasqua di Bruno Cantamessa

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Bazzoffia dell’Agro Pontino

Zuppa di verdure e legumi (un tempo aggiungevano anche le lumache) tipica della provincia di Latina, da cucinare solo nelle poche settimane tra la primavera e l’estate in cui negli orti si trovano tutti gli ingredienti freschi. Ingredienti1 lattuga romana lavata, asciugata e tagliata a listarelle1 cipolla tritata3 carciofi privati delle foglie esterne più dure e tagliati a spicchi150 gr di fave fresche sgranate300 gr di piselli freschi sgranati4 cucchiai di olio extravergine di oliva4 fette di pane casereccio4 uova Preparazione: Rosolare la cipolla nell’olio, unire le verdure e coprire con 1.5 l di acqua bollente, salare e pepare. Coprire con un coperchio e cuocere a fuoco basso fino a quando le verdure non diventeranno morbide. Rompere delicatamente le uova in una scodella e unirle intere alla zuppa, continuando la cottura per altri 5 minuti. Disporre le fette di pane in scodelle individuali, deporre su ognuna un uovo e versare la zuppa bollente. Spolverizzare con pecorino grattugiato e servire ben caldo. Abbinamenti: Vini: Atina Rosso, Cesanese di Affile, Vignanello Rosso fonte: Il manuale del Borghigiano

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Il sartù di riso

Tipico “piatto unico” estremamente nutriente, di elaborata preparazione, parte integrante dei menu delle feste delle famiglie napoletane; fa parte, come altri piatti, dell’influenza che ebbero nell’evoluzione della cucina della città di Napoli, i cosiddetti monzù (cuochi francesi che, a partire dal 700, furono al servizio delle famiglie nobili del Regno delle Due Sicilie nei palazzi della capitale partenopea); non a caso il termine deriva dal francese “sur tout” che sta per indicarne la posizione al culmine delle portate, e per la presenza, sulla sua sommità, di polpettine, piselli, rigaglie. La base del sartù di riso è il ragù napoletano, di cui si utilizza sia il condimento che alcuni pezzi di salsiccia. si preparano delle piccole polpette (della grandezza d’una nocciola) con carne, pane raffermo ammollato, uova e formaggio grattugiato; si friggono le polpette assieme alle rigaglie (fegatini di pollo) tagliate a pezzetti; si aggiungono piselli precedentemente cotti in un soffritto di cipolla; si amalgama il tutto sul fuoco, aggiungendo del ragù. A parte si lessa il riso; quando è cotto al dente si scola e si aggiunge dell’altro ragù , del parmigiano e delle uova precedentemente sbattute. Si pone il riso così preparato in una teglia grande; al centro, dopo uno strato abbondante, si pongono le polpettine, le rigaglie, i pezzi di salsiccia, i piselli, alternandoli a provola, uova sode e prosciutto cotto tagliati a dadini; si ricopre con altro riso condito, e quindi con pangrattato e riccioli di burro; si pone in forno caldo per la gratinatura. Sartù (per sei persone) 450 gr di riso 200 gr di mozzarella tagliata a dadini 150 gr di carne di manzo macinata 2 salsicce cotte e tagliate a fettine 1 pugno di rigaglie di pollo tagliate a pezzetti 1 pugno di funghi secchi rinvenuti in acqua fredda 1 pugno di mollica di pane tenuta a bagno in acqua e strizzata 8 cucchiai di parmigiano grattugiato 6 cucchiai di piselli stufati con un po’ di prosciutto ½ cucchiaino di noce moscata 3 uova 200 ml di latte 100 gr di burro sugo di pomodoro denso brodo pangrattato farina olio sale e pepe Preparate delle polpettine piccolissime amalgamando insieme la carne macinata, la mollica, un pezzetto di burro, sale e pepe. Infarinatele e passatele velocemente nell’olio ben caldo, scolatele e mettetele da parte. Fate cuocere i funghi con un pezzetto di burro e qualche cucchiaiata di acqua; in un altro tegame cuocete anche le rigaglie di pollo in una noce di burro. Trasferite in un’unica casseruola i funghi, le rigaglie, i pisellini, le salsicce, le polpettine e qualche cucchiaiata di sugo e lasciate insaporire per una decina di minuti. Versate il riso nel resto del sugo e cuocetelo a risotto, bagnandolo di tanto in tanto con il brodo. A tre quarti della cottura togliete dal fuoco, aggiungete 3 cucchiaiate di parmigiano e 2 uova battute. Mescolate bene, trasferite in un piatto e lasciate raffreddare. Preparate intanto una besciamelle con una noce di burro, mezzo cucchiaio di farina e il latte; unite un pizzico di sale, la noce moscata e un rosso d’uovo. Imburrate uno stampo da budino senza buco al centro e cospargetelo accuratamente di pangrattato. Disponete il riso sul fondo e sulle pareti (tenendone da parte 5 cucchiaiate), facendo in modo che aderisca bene ovunque. Riempite lo spazio centrale alternando strati di sugo con le polpettine, dadini di mozzarella, besciamelle, parmigiano grattugiato e fiocchetti di burro. Con il riso rimasto coprite l’ultimo strato, livellate la superficie con un coltello e spolverizzate di pangrattato e burro. Mettete in forno a calore moderato per una trentina di minuti o finché si sarà formata una crosticina dorata. Togliete dal forno e aspettate una decina di minuti prima di capovolgere il sartù, dopo aver passato delicatamente la lama di un coltello tra lo stampo ed il riso. Servite ben caldo.

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Bigoli con sardelle

Nel dialetto il termine bigolo significa cavicchio, paletto, ed è spesso usato come metafora sessuale e, conseguentemente, come epiteto offensivo rivolto a persone poco sveglie.In cucina, i bigoli sono una sorta di grossi spaghetti fatti in casa con pasta all’uovo lavorata al torchio, tipici della cucina mantovana, bresciana e veneta.Erano in passato un piatto tra i più apprezzati, tanto che andare a bigoli è locuzione entrata nell’uso per andare a pranzo.La cucina tradizionale lombarda accoglie pochissime formulazioni con pesce di mare fresco, per la difficoltà di approvvigionamento della materia prima, in passato molto avvertita nelle zone più interne o lontane dai fiumi navigabili. Salvo le anguille che, pur essendo pesci d’acqua salata risalgono la corrente dei fiumi, i piatti con pesce di mare si contano sulle dita delle mani e provengono quasi tutti dalla tradizione borghese ottocentesca: il merluzzo o le aringhe con la salsa bianca, la frittura di sardelle, la sogliola in insalata o il risotto alla certosina, in cui taluni fanno entrare la sogliola al posto del persico. Era più frequente il consumo del pesce di mare conservato sotto sale.I venditori ambulanti, di pesce salato, provenienti soprattutto dalle valli sud-occidentali del Piemonte, raggiungevano anche i paesi più isolati dei rilievi prealpini. Il merluzzo salato (o baccalà), il merluzzo essiccato senza sale (stoccafisso), le sardelle, le alici e le aringhe erano, tra i pesci in barile, i più diffusi, tanto da generare il modello locale degli agoni di lago seccati e salati (missoltini). Proverbiale, nella descrizione di un panorama di miseria di fame, era la polenta e tucalà, la fetta di polenta strofinata sull’aringa posta al centro della tavola. Col baccalà si preparava lo sformato alla certosina, il baccalà in umido o quello con le verze. Le aringhe si arrostivano sulla brace, una volta rinvenute in acqua tiepida; le sarde e le alici entravano a insaporire molti piatti, alla stregua degli attuali dadi di glutammato. Preparazione per 4 porzioni:BIGOLI: 400 g- SARDELLE : 200 g -OLIO DI OLIVA:  50 g -AGLIO: uno spicchio SALE: q. b.     Pulire i pesci dal sale,  lavarli accuratamente e asciugarli;     mettere sul fuoco la pentola con abbondante acqua salata e non appena bolle buttarvi la pasta;    mentre la pasta cuoce, mettere sul fuoco un tegame con l’olio e lo spicchio d’aglio leggermente schiacciato e far rosolare a fiamma dolcissima;    togliere l’aglio, porre nel tegame le sardelle, spappolandole con la forchetta e portarle a cottura senza mai far friggere l’olio;     scolare i bigoli al dente e condirli con il sugo.    Per la pasta: Impastare 600 g di farina di grano saraceno (o di farina integrale) con due uova intere, 50 g di burro ammorbidito, 200 ml di latte e un pizzico di sale;lavorare l’impasto finché non sia ben liscio e omogeneo e farlo riposare per almeno mezzora; passare l’impasto al torchio e disporre i bigoli, ben allargati, su un vassoio ricoperto con una salvietta infarinata, sulla quale dovranno asciugarsi per 24 ore.     Note: bigoli fatti in casaOggi i bigoli si possono acquistare già pronti nelle zone che ne vantano la tradizione.Chi avesse a disposizione un torchio a piastra con fori larghi e volesse cimentarsi a farli in casa, può utilizzare le seguenti dosi, avendo l’avvertenza di prepararli il giorno precedente alla consumazione. Varianti:La pasta può anche essere di farina bianca.Alcune formulazioni utilizzano quattro uova ed escludono altri liquidi leganti. Alle sardelle si possono sostituire acciughe, sia fresche che dissalate.In quest’ultimo caso, invece dell’aglio, si usa un soffritto di cipolla.

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