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Vini

Ghemme DOCG

La collocazione geografica di Ghemme è nell’Alto Piemonte , ai confini con la Valsesia, nelle vicinanze del Monte Rosa, con il Monte Fenera a nord ed i laghi Maggiore ed Orta a Nord Ovest. In epoca glaciale i ghiacciai del Monte Rosa si propagavano fino alla pianura, dove oggi si trovano estesi terreni irrigui coltivati a riso e a cereali. La popolazione è stata da sempre dedita all’agricoltura, con particolare riguardo al settore vitivinicolo. Come tutti i grandi vini, vanta origini antichissime. La lapide di Vibia Earina, liberta di Vibio Crispo, senatore romano ai tempi di Tiberio, rinvenuta nei pressi di Ghemme,è un reperto archeologico di indiscussa affidabilità che testimonia, nella zona, la coltivazione della vite fin dai tempi dei romani. In quei tempi, comunque, pare che i vignaioli badassero più alla quantità che alla qualità: era tale la quantità di vino prodotto che la città di Anagnum, in seguito Ghemme, scelse come simbolo un grappolo d’uva ed un mazzo di spighe di grano per il gonfalone comunale. Fu in seguito compito dei monaci conservare il rispetto delle buone regole di vinificazione. L’entusiasmo con cui si dedicarono a questa loro “missione” diede degli ottimi risultati. Il vino veniva venduto in gran parte nei mercati vicini, soprattutto a Milano. A partire dal secolo scorso numerose aziende di proprietà di famiglie locali hanno incrementato la diffusione del Ghemme con una sempre maggiore attenzione alla vinificazione di qualità. Dagli anni ’70 ha ripreso pieno vigore il settore vitivinicolo, con esperienze pluriennali di lotta guidata ed integrata. Abbinamenti: Consigliato l’abbinamento con arrosti di carni rosse e bianche, brasati, lessi e formaggi a pasta dura. Disciplinare: Approvato con DPR 18.09.1969 (G.U. 292-1969), poi Docg con DM 29.05.1997 (G.U. 137-14.06.1997) fonte: Cittadelvino.it

Il cibo nel tempo, nel Rinascimento

Zanzarella (XV sec.)

Bartolomeo Sacchi, umanista italiano nato a Piàdena, Cremona, nel 1421 è detto il Plàtina dal nome latinizzato del luogo di nascita. Precettore dei figli di Ludovico Gonzaga, nel 1457 passò a Firenze dove divenne familiare dei Medici. Scrisse “De honesta voluptate”, un trattato sui piaceri della tavola e della buona salute, diviso in dieci libri: i primi cinque descrivono la natura degli alimenti, gli altri sono un ricettario. Zanzarella Platina Libro 6 Prendi sette uova, mezzo chilo di formaggio grattugiato e il pane macinato tutti insieme. Mettilo nella pentola dove viene preparato il brodo di zafferano, quando inizia a bollire. Dopo averlo mescolato due o tre volte con un cucchiaio, componi i tuoi piatti, perché è fatto rapidamente. Zanzarella: Ingredienti Brodo di zafferano (vedi sotto la ricetta )4 uova3 tazze di mozzarella macinata3 fette di pane macinato Brodo Di Zafferano Platina Libro 6 Metti trenta tuorli d’uovo, verjuice, il succo di vitello o cappone, zafferano, un po ‘di cannella in una ciotola e mescola. Passali attraverso un filtro in una pentola. Cuocilo lentamente e mescola continuamente con un cucchiaio fino a quando non inizia ad addensarsi. Per allora è preso dal focolare e servito a dieci ospiti. Mentre nei piatti, cospargere di spezie. Brodo Di Zafferano Ingredienti: 7 tuorli d’uovo1 Tazzina di aceto + 1 Tazzina acqua500ml di brodo di pollozafferano sciolto ne brodopizzico di cannella, pepe nero, e Noce moscata

Ricette, Tradizioni

Borlengo

Il borlengo è una specie di crêpe molto sottile e croccante preparata a partire da un impasto liquido estremamente semplice (è un tipico cibo povero), a base di acqua, farina e sale: questo impasto è detto colla. Il ripieno tradizionale, detto cunza, consiste in un battuto di lardo, aglio e rosmarino, oltre ad una spolverata di Parmigiano Reggiano. I borlenghi sono un antipasto da mangiare rigorosamente caldo. Quello che oggi viene considerato un antipasto, una volta costituiva un vero e proprio pasto. I borlenghi nascono dalla cucina povera del modenese e sono considerati una delle specialità della cucina dell’Emilia Romagna. Ingredienti 300 gr. di farina bianca cotenna di maiale 100 gr. di lardo 1 spicchio d’aglio rosmarino parmigiano grattugiato sale PreparazioneIn una ciotola preparate una pastella piuttosto liquida con la farina, aggiungendo l’acqua piano piano ed un pizzico di sale. Una volta pronta la pastella preparate il ripieno tritando uno spicchio d’aglio con un rametto o due di rosmarino, aggiungete un pizzico di sale e mischiate il vostro trito al lardo. Preparate ora i borlenghi in una padella bassa, meglio se antiaderente, scaldandola bene a fiamma vivace. Prima di colarvi la pastella date una strofinata alla pentola con la cotenna del maiale, di modo che risulti leggermente unta. A questo punto potrete servirvi di un mestolo per versare la pastella facendo attenzione a farla roteare sulla superficie della padella e cercando di ottenere un disco molto sottile, fate cuocere e girate aiutandovi con un coltello dalla punta arrotondata o una spatola, quindi spalmatevi il trito, aggiungete una spolverata di parmigiano e servite.

Il cibo nel tempo, nel Rinascimento

Asparagi in salsa bianca (La Varenne-1600)

François Pierre de la Varenne, nasce nel 1615 in Borgogna, ed è stato autore di Le Cuisinier françois (1651), uno dei libri di cucina più influenti prima età moderna. Nel XVII secolo ci fu una rivoluzione culinaria, dove vennero abbandonati i sapori fortemente speziati della cucina medievale, per lasciare spazio ai sapori naturali. Ingredienti Asparagi, tuorlo uovo, aceto, sale, noce moscata, burro Preparazione Per gli asparagiCimate i gambi di asparagi in modo che risultino tutti della stessa lunghezza, legateli in due mazzi e metteteli in piedi, con le punte all’insù, in quattro dita d’acqua salata bollente. Coprite e lasciate cuocere a fuoco basso per alcuni minuti.Toglieteli delicatamente dalla pentola, asciugateli, levate lo spago e teneteli in caldo. Per la salsaVersate un tuorlo d’uovo, aceto, sale, noce moscata e una noce di burro in una pentola dal fondo spesso. Cuocete a fuoco basso mescolando lentamente.Unite al composto del burro a fiocchetti in modo che la salsa diventi cremosa.Aggiustate di sale e a piacere versate la salsa sugli asparagi o mettetela in una salsiera.

Il cibo nel tempo, nel Medioevo

Krapfen farciti con formaggio, uova e lardo (1350)

Das buoch von guter spiese (Il libro della buona vivanda) del1350 di Michael de Leone è la più antica raccolta di ricette tedesche  di proprietà della Biblioteca Universitaria di Monaco di Baviera sotto forma di un manoscritto in  pergamena  Ein gut gebackenz (una buona pasticceria) Grattugiare il formaggio. Mescolalo con uova e piccoli pezzi di pancetta grassa bolliti. Prepara un impasto fine (possibilmente appena fatto in contrapposizione al lievito madre) e riempilo con il formaggio e le uova. E fai delle torte piccole e cuocile nel burro o nel grasso, vicino al momento (devono essere servite), e distribuiscile calde Ingredienti per 4 personeper la pasta300gr farina bianca-6 tuorli- sale- 70 gr di burro-1/2 bicchiere di panna-1/2 bicchiere di vino bianco secco-1 albumeper il ripieno100 gr formaggio grattugiato (parmigiano o emmenthal) 125 gr pancetta- 1 uovo- pepe Descrizione:con gli ingredienti per la pasta preparare un impasto consistente e stenderlo Spennellarlo con l’albume e tagliarlo in quadrati di circa 10cmm. Per il ripieno: tagliare la pancetta a dadini piccoli. unire l’uovo e il formaggio grattugiato, insaporire con il pepe e disporre la farcia al centro di ogni quadratino di pasta. Ripiegare i quadrati in modo da formare dei triangoli e friggerli in padella con burro o strutto caldissimi

Ricette, Tradizioni

Schiaccia ‘briaca

La schiaccia ‘briaca (ubriaca, dall’uso di vino nell’impasto e dalle striature rosse in superficie) è un dolce natalizio poco lievitato tipico dell’Isola d’Elba, dove fu portato dai Saraceni che la invasero più volte nel corso dei secoli. La schiaccia infatti, che raccoglie ingredienti tipici della cucina medio-orientale come l’uvetta e i pinoli, in origine non prevedeva l’utilizzo del vino proprio per rispettare i precetti musulmani. L’alchèrmes è un liquore rosso di spezie e cannella di origine araba, molto conosciuto anche a Firenze. L’Aleatico di Portoferraio fu aggiunto nell’800, così le noci, non prodotte nell’isola e quindi assai costose. La versione ottocentesca prevedeva, inoltre, l’impiego del miele isolano al posto del raro e costosissimo zucchero. Il dolce che ne risultava, senza lievito né uova, si poteva conservare a lungo ed era quindi ideale sia per i marinai che per i minatori elbani.  Ingredienti:   300 gr di farina, 120 gr di zucchero, 50 gr di gherigli di noci, 50 gr di uvetta, 50 gr di pinoli, 50 gr di mandorle, 50 ml di olio evo, 1 bicchierino di alchèrmes, 1 bicchiere di Aleatico Preparazione:  Impastate la farina con olio, zucchero e frutta secca, amalgamando bene il tutto con il vino e una parte dell’alchèrmes. Pressate bene il composto in una tortiera foderata con carta forno e cuocetelo in forno a 180°C per 45 minuti. A circa tre quarti di cottura spolverate la schiaccia con zucchero semolato, bagnarla con il resto dell’Alchèrmes e infornarla nuovamente per terminare la cottura.

I Tipici

Valtellina Casera DOP

Il Valtellina Casera si ottiene dal latte prodotto negli allevamenti della provincia di Sondrio che viene lavorato tutti i giorni nei caseifici di fondovalle. La stagionatura delle forme avviene nelle tradizionali ‘casere’ o in adeguate strutture, per almeno 70 giorni prima di poter essere marchiate a fuoco. Le origini del Valtellina Casera risalgono al 1500 quando più allevatori univano il loro latte per effettuare una lavorazione collettiva nelle latterie turnarie e sociali, mettendo in atto una forma di risparmio e di condivisione dei momenti di vita. Il Valtellina Casera è prodotto con latte vaccino parzialmente scremato, quindi risulta più leggero e meno calorico rispetto al Bitto, ideale da portare in tavola ogni giorno. L’alimentazione delle bovine da cui deriva il latte è costituita prevalentemente da essenze spontanee ed erbai È un formaggio semigrasso, a pasta semicotta e semidura, prodotto lavorando il latte vaccino proveniente esclusivamente dagli allevamenti della provincia di Sondrio che viene parzialmente scremato prima di essere lavorato nei caseifici locali. Il sapore del Valtellina Casera giovane si sposa con il grano saraceno per dar vita ai piatti della tradizione valtellinese, i pizzoccheri e gli sciatt. Consorzio di Tutela

Ricette, Tradizioni

Vignarola

Una delle minestre recentemente riscoperte è la vignarola, un‘esaltazione della primavera dove non può mancare il carciofo romanesco. Di questo piatto, che esprime la vera tradizione laziale a tavola, manca purtroppo una documentazione storica e la ricetta è arrivata fino a noi tramandata dalla memoria dei nonni e degli osti romaneschi. Così come per la bazzoffia, simile per preparazione e ingredienti, paesi e famiglie se ne contendono la supremazia ritenendosi depositari della versione più autentica. L’etimologia del nome potrebbe essere legata al nome attribuito agli ortolani (“vignarolo”) oppure al fatto che veniva consumata dopo le fatiche nell’orto, ma senza dubbio è imparentata con le zuppe gustate già ai tempi di Orazio e Catone.  Ingredienti (per 4 persone): 200 gr di guanciale (o pancetta), gr 300 di piselli sgranati, gr 300 di fave sgranate, 6 carciofi tagliati a spicchi non troppo grossi, 1 piccola cipolla o cipollotto, 2 cuori di lattuga, mentuccia (facoltativa), crostini di pane, olio evo, sale grosso, pepe in grani.  Preparazione: Tagliate a fettine sottili la cipolla, fatela dorare con un poco d’olio e il guanciale, unite i legumi e le verdure. Bagnate il tutto con circa un litro d’acqua, salate, pepate e cucinate coperto fino a raggiungere la densità desiderata (meglio se le verdure restano abbastanza intere). Unite la mentuccia e servite con crostini di pane raffermo, rosolati nell’olio o tostati in forno.

Vini

Aprilia DOC

La presenza della viticoltura, preromana, iniziò a declinare ai tempi Plinio per i disboscamenti selvaggi che provocarono la formazione di zone acquitrinose e paludose. Al Rinascimento risalgono i primi lavori di bonifica, proseguiti sul finire del Settecento fino a quella definitiva del 1930. L’arrivo di 60mila contadini veneti, friulani ed emiliani a popolare l’Agro bonificato diede origine ad una vitivinicoltura che dall’autoconsumo (con varietà tipiche delle loro terre di provenienza come il Sangiovese ed il Merlot) passò progressivamente ad una viticoltura da reddito. La combinazione tra la natura vulcanica del terreno, l’orografia pianeggiante o dolcemente collinare e il clima mediterraneo rendono quest’area altamente vocata ad una produzione di pregio Abbinamenti: piatti a base di verdure e di pesce, cozze alla marinara (Bianco); piatti corposi e piccanti, abbacchio al forno, spaghetti alla carbonara, salumi, funghi, pecorino romano (Rosso, Rosato, Merlot). Disciplinare: Approvato DOC con Dpr 13.05.66 (G.U. 174 – 16.07.66)

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