Capocollo è il nome che nelle regioni del Centro e del Sud Italia viene dato alla coppa, derivando infatti dallo stesso taglio anche se le lavorazioni sono diverse: in Puglia per esempio si lava con una mistura di vino cotto e spezie e si sottopone ad una lieve affumicatura; in Umbria invece lo si aromatizza con pepe, aglio, coriandolo e semi di finocchio, mentre in Basilicata va cosparso con peperoncino tritato e, fino a poco tempo fa, lasciato stagionare nella tela grezza.
Sono del ‘600 le prime documentazioni sulla lavorazione delle carni suine in Calabria, ma le loro origini risalgono al periodo della colonizzazione greca delle coste ioniche.
La DOP regolamenta i “Salumi di Calabria: Soppressata, Capocollo, Salsiccia e Pancetta” prescrivendo per tutti l’uso delle razze tradizionali di taglia grande quali la Calabrese o la Large White e la Landrace, alimentati per almeno il 50% con orzo, favino, mais, ghiande e ceci.
Il capocollo è preparato con le carni della parte superiore del lombo dei suini, disossato, salato a secco e stagionato per almeno di 100 giorni in locali a temperatura e umidità controllate.
Di forma cilindrica, avvolto in pellicola naturale , viene legato a mano in forma avvolgente con spago naturale.
Alla vista presenta un colore roseo o rosso più o meno intenso per la presenza di pepe nero o peperoncino rosso macinato.
La fetta, al taglio, si presenta di colore roseo vivo con striature di grasso proprie del lombo suino. Il sapore è delicato che si affina con la maturazione; il profumo è caratteristico e di giusta intensità.