Provate a confrontare il pallido squallore di un piatto di spaghetti “in bianco” con il caldo e acceso colore di un piatto di vermicelli “ca’ pommarola ‘n coppa”. Avrete la piu’ convincente dimostrazione di come la fantasia, l’estrosita’, e l’intelligenza dei popoli meridionali abbiano fatto, del pomodoro, il loro capolavoro.
Il seducente ed invitante aspetto della polpa rossa, il sapore dolce-acidulo del frutto crudo e i diversi e gustosi sapori delle salse che da esso si ricavano, non hanno tuttavia evitato al pomodoro, al suo esordio in Europa verso la fine del secolo XVI, la stessa ostilita’ e diffidenza che gli europei avevano riservato a tutti gli altri numerosi membri della numerosa famiglia delle “solanacee” giunte dal Nuovo Mondo.
Inizialmente fu paragonato alla mandragora le cui radici ricordano un corpo umano, a quel tempo era considerata dalla gente il “pomo del diavolo” ma al pomodoro riservarono il nome di “pomo d’amore” poiche’ veniva considerato afrodisiaco.
Agli inizi del XVII secolo il pomodoro fu ammesso in Italia solo come elemento decorativo. Se della patata si pote’ affermare ancora nel 1780 che “solo un gusto crudo ed uno stomaco di cuoio si avvezzeranno alla patata”, del pomodoro si disse che provocava malesseri e disturbi tant’e’ che gli fu affibbiato il nome di Lycopersicum ovvero “pesca del lupo”.
Il senese Pier Andrea Mattioli lo chiamo’ “pomo d’oro”, senza alcun riferimento alle qualita’ commestibili, ma solo perche’ i primi frutti giunti in Europa non erano rossi bensi’ gialli.
Il botanico gastronomo Vincenzo Corrado (1734-1836), nel suo “Cuoco galante” pubblicato per la prima volta a Napoli nel 1773, lo descriveva come “frutto” color zafferano Trascorsero piu’ di due secoli prima che il selvaggio nome di “pesca del lupo” venisse cambiata nel mite e casereccio pronome di “esculentum” cioe’ mangereccio.
L’impiego della pianta di pomodoro come ornamento dura per secoli ed essa si diffonde in tutto il bacino del Mediterraneo, trovando nel sud Italia il clima più adatto al suo sviluppo.
La documentazione relativa all’origine del suo uso alimentare è scarsa: le prime sporadiche segnalazioni di impiego del suo frutto come alimento commestibile, fresco o spremuto e bollito per farne un sugo, si registrano in varie regioni dell’Europa meridionale del XVII secolo.
Soltanto alla fine del Settecento la coltivazione a scopo alimentare del pomodoro conosce un forte impulso in Europa, principalmente in Francia e nell’Italia meridionale. Ma mentre in Francia il pomodoro viene consumato soltanto alla corte dei re, a Napoli si diffonde rapidamente tra la popolazione.
Nel 1762 Lazzaro Spallanzani ne definisce le tecniche di conservazione notando, per primo, come gli estratti fatti bollire e posti in contenitori chiusi non si alterino.
Nel 1809, un cuoco parigino, Nicolas Appert, pubblica l’opera “L’art de conserver les substances alimentaires d’origine animale et végétale pour pleusieurs années”, dove fra gli altri alimenti è citato anche il pomodoro .
Negli Stati Uniti ed in genere nelle americhe, da cui proveniva, l’affermazione del pomodoro come ortaggio commestibile trova invece molte più difficoltà per la diffusa convinzione popolare dei suoi poteri tossici.
Nel corso dell’Ottocento il pomodoro viene inserito nei primi trattati gastronomici europei, come nell’edizione del 1819 del Cuoco Galante a firma del cuoco napoletano di corte Vincenzo Corrado, dove sono descritte molte ricette con pomodori farciti e poi fritti: «Per servirli bisogna prima rotolarli su le braci o, per poco, metterli nell’acqua bollente per toglierli la pelle. Se li tolgono i semi o dividendoli per metà, o pure facendoli una buca».
Nel 1839, il napoletano don Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino, nella “Cucina casarinola co la lengua napoletana”, in appendice alla seconda edizione della “Cucina teorico pratica”, fornisce la ricetta per una salsa: i pomodori bolliti, passati al setaccio, fatti restringere ulteriormente con sugna ed olio, sale e pepe, forniscono una salsa da mettere sopra il pesce, la carne, i polli, le uova e sopra ciò che si desidera.
È nella stessa epoca che si realizza il connubio tra pasta e pomodoro e tra pizza e pomodoro.
Nella seconda metà del secolo l’Inchiesta Jacini conferma come il consumo di pomodoro sia diffuso nell’Italia meridionale e soprattutto nella provincia di Napoli, dove è il condimento più utilizzato per i maccheroni e con essi è l’alimento più comune.
L’apporto calorico del pomodoro, o più in generale il suo valore nutritivo, è quasi irrilevante ed esso è l’unica coltura al mondo di grande utilizzo priva di un preciso ruolo dietetico. Tuttavia il cambiamento delle abitudini alimentari nel Meridione anche a causa delle migliorate condizioni di vita hanno reso il pomodoro un condimento eccezionale.
Al suo successo contribuisce la semplice conservabilità dei suoi derivati, esso è tuttavia largamente utilizzato anche fresco come contorno e nelle insalate.