DOC

Vini

Aprilia DOC

La presenza della viticoltura, preromana, iniziò a declinare ai tempi Plinio per i disboscamenti selvaggi che provocarono la formazione di zone acquitrinose e paludose. Al Rinascimento risalgono i primi lavori di bonifica, proseguiti sul finire del Settecento fino a quella definitiva del 1930. L’arrivo di 60mila contadini veneti, friulani ed emiliani a popolare l’Agro bonificato diede origine ad una vitivinicoltura che dall’autoconsumo (con varietà tipiche delle loro terre di provenienza come il Sangiovese ed il Merlot) passò progressivamente ad una viticoltura da reddito. La combinazione tra la natura vulcanica del terreno, l’orografia pianeggiante o dolcemente collinare e il clima mediterraneo rendono quest’area altamente vocata ad una produzione di pregio Abbinamenti: piatti a base di verdure e di pesce, cozze alla marinara (Bianco); piatti corposi e piccanti, abbacchio al forno, spaghetti alla carbonara, salumi, funghi, pecorino romano (Rosso, Rosato, Merlot). Disciplinare: Approvato DOC con Dpr 13.05.66 (G.U. 174 – 16.07.66)

Vini

San Severo DOC

Recenti scoperte archeologiche hanno evidenziato tracce di vigneti di età romana nei dintorni di San Severo, dove alcuni vigneti sono ancora impiantati col sistema ad alberello, metodo qui usato fino ai primi decenni del ‘900. Risale al 1200 l’arrivo del Bombino bianco, portato dai Templari al loro rientro dalla Terra Santa. La zona geografica coincide con l’Alto Tavoliere e fa parte della più ampia area della Daunia, le cui terre derivate dalla dissoluzione delle rocce emerse dal mare, ricche di potassio e relativamente povere di sostanza organica, sono ideali per la produzione di vini di pregio, in aggiunta all’ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre. Il paesaggio rurale è oggi caratterizzato da numerose masserie di medie e piccole dimensioni, con i vitigni a bacca bianca che preferiscono suoli leggeri, freschi e piuttosto calcarei, con una buona esposizione, e quelli a bacca rossa che prediligono terreni argilloso-calcarei, bene esposti e a clima caldo.Abbinamenti:  antipasti di frutti di mare, crostacei e pesci bolliti, fritti misti di pesce, uova, latticini freschi, verdure e carni bianche delicate con i Bianchi; paste con sughi di carne e carni di maiale con i Rossi e i Rosati; salumi piccanti, trippe in umido e formaggi di pecora stagionati con i Rossi. Disciplinare:  approvato DOC con Dpr 19.04.68 (G.U.138 -01.06.68)

Vini

Sangiovese di Romagna DOC

Le testimonianze più antiche risalgono al 1600, quando il vitigno è citato nel”Trattato della vite” del Solderini. Una leggenda vuole che il nome derivi dal colle (Colle Giove) sul quale sorge il centro antico di Sant’Arcangelo di Romagna. Le diverse situazioni pedo-climatiche (dai tipi di suolo alle differenze termiche) che si incontrano negli areali di coltivazione della DOC si riflettono nelle differenze (minore grado alcolico, minore estratto, maggiore acidità, maggiore sapidità) espresse dalle menzioni geografiche aggiuntive. Colore rosso rubino (Novello) talora con orli violacei (Sangiovese di Romagna, anche Superiore e Riserva). Odore vinoso con profumo delicato che ricorda la viola (Sangiovese di Romagna, anche Superiore e Riserva), vinoso, intenso fruttato (Novello). Sapore secco, armonico, leggermente tannico, con retrogusto gradevolmente amarognolo (Sangiovese di Romagna, anche Superiore e Riserva), secco o leggermente abboccato, sapido, armonico (Novello). Titolo alcol. minimo 12% (Sangiovese di Romagna), 11,5% (Novello), 12,5% (Superiore), 13% (Riserva). Invecchiamento minimo 24 mesi di cui almeno 2 in bottiglia. Abbinamenti:  primi piatti a base di sfoglia tirata a mano, arrosti, umidi, brasati, cacciagione, castrato alla griglia, funghi, formaggi a pasta dura e stagionati, salumi locali e il novello con le castagne. Disciplinare:  approvato DOC con Dpr 09.07.67 (G.U. n. 203 del 14.08.1967), poi diventato Romagna Sangiovese con DM 22.09.2011 (G.U. 235 del 8.10.2011)

Vini

Boca DOC

Qui, nel novarese, la vite è coltura antichissima, che risale a prima della colonizzazione romana. Già nel 1300 il cronista novarese Pietro Azario lo definì ‘rinomato sin dall’antichità’, mentre si hanno numerose testimonianze, nella storia del novarese, che citano forniture di vino Boca alle armate spagnole che dal Piemonte andavano a occupare la Lombardia. Piacque molto anche a Papa Pio X quando, ancora Patriarca di Venezia, ne assaggiò una bottiglia preso l’omonimo Santuario. La DOC deve le sue peculiarità ai terreni morenici che originano dal monte Rosa e la cui conformazione ha costretto, fin dai primi impianti, all’uso di gradoni orizzontali e di muri a secco.  Qui, nonostante le correnti da nord producano potenti escursioni termiche, il riparo naturale del monte Fenera produce inverni miti, primavere temperate, estati e autunni caldi e soleggiati. Descrizione: Colore  rosso rubino con riflessi granato (Boca) o aranciato (Riserva). Odore  caratteristico, fine ed etereo (Boca) e ampio (Riserva). Sapore  asciutto, sapido, armonico, giustamente tannico (Boca) o piacevolmente tannico (Riserva). Vitigni: Nebbiolo (Spanna) 70-90%, Vespolina e Uva rara (Bonarda novarese) 10-30%.       Abbinamenti: da tutto pasto e con salumi, paniscia, ossobuco, bollito misto alla piemontese, carni bianche e rosse alla griglia o in umido, cacciagione, selvaggina, formaggi stagionati o piccanti, gorgonzola, toma, grana padano, raschera, bra Disciplinare: approvato DOC con Dpr 18.07.69  (G.U. 226 -05.09.69)

Vini

Cirò DOC

La fama del Cirò, che si dice comprenda il vino più antico d’Italia, risale alla fondazione di Kroton nell’VIII sec. a.C. Con il suo antenato, il Krimisa prodotto tra Sibari e Crotone, brindavano alle vittorie sportive gli olimpionici della Magna Grecia. La zona di produzione è circoscritta alle colline argillose dell’alto Marchesato, che digradano verso la costa ionica. Qui molte coltivazioni conservano la forma di allevamento ad alberello basso, tipica dell’antica viticoltura greca, di cui non sono stati abbandonati neppure gli antichi vitigni: il Gaglioppo (il “principe nero”), il Mantonico (a frutto bianco) e il Greco Bianco. Tipologie: Cirò Bianco, Cirò Rosato, Cirò Rosso, Cirò Rosso Classico, Cirò Rosso Classico Superiore, Cirò Rosso Classico Superiore Riserva, Cirò Superiore, Cirò Superiore Riserva.     Abbinamenti: antipasti di verdure, tonno, pesce spada e paste asciutte (Bianco); antipasti misti, frutti di mare, pesce e carni bianche (Rosato); arrosti, capretto, formaggi stagionati (Rosso), cacciagione e selvaggina (Riserva) Vitigni: Greco bianco 80-100%, Altri vitigni a bacca bianca 0-20% (Bianco); Gaglioppo 80-100%, Altri vitigni a bacca rossa 0-20% (Rosso e Rosato). Disciplinare: approvato DOC con Dpr 02.04.69 (G.U. 139 -04.06.69)

Vini

Bianchello del Metauro DOC

Nella valle del Metauro gli Etruschi si dedicavano alla viticoltura, contendendone il primato ai Piceni, che la praticavano appena più a sud. Alcuni secoli dopo, nel 207 a.C., i Cartaginesi di Asdrubale, inviati in soccorso di Annibale, sarebbero stati sconfitti dalle abbondanti libagioni di Biancame più che dai Romani.  La zona geografica delimitata per la produzione dei vini con la denominazione “Bianchello del Metauro” è in provincia di Pesaro ed è compresa tra il confine con la provincia di Ancona a sud dato dal fiume Cesano, ed il decorso del fiume Arzilla a nord. Il fiume Metauro, gli Appennini e l’Adriatico hanno da sempre caratterizzato l’area di produzione – pianeggiante, con leggere pendenze, ampia apertura verso il mare ed una tessitura del terreno che agevola lo sgrondo delle acque piovane – offrendo facilità di accesso, di lavorazione e di difesa dell’attività agricola. Il Bianchello del Metauro DOC è da bersi giovane come aperitivo o con antipasti, minestre, risi, paste anche asciutte, carni bianche a tendenza dolce (petto di pollo, coniglio), molluschi e crostacei, piatti delicati di pesce o di verdure, pesci di mare arrosto e alla griglia. Tipologie: Bianchello del Metauro, Bianchello del Metauro Superiore, Bianchello del Metauro Spumante, Bianchello del Metauro Passito. Vitigni: Bianchello (Biancame) 95-100%, Malvasia bianca lunga 0-5%.     Disciplinare: approvato DOC con Dpr 02.04.69 (G.U. 143 -10.06.69)

Vini

Martina Franca DOC

Martina Franca DOC è “gemella” del Locorotondo e prende il nome dall’omonimo comune, che si narra sia stato fondato nel 1300 quando Filippo I D’Angiò, per allontanare banditi e bestie feroci, decise di edificare una cittadella fortificata sul punto più alto di monte San Martino e per popolarla la rese zona franca dalle tasse. La zona geografica del Martina Franca DOC, delimitata dal disciplinare di produzione è denominata Valle d’Itria e fa parte della più ampia area della Murgia, cosiddetta “dei Trulli”. Terra di viandanti, nel corso della storia, e votata all’agricoltura fino ai nostri giorni, grazie anche alla tipica terra rossa, parzialmente argillosa e sabbiosa. Qui il paesaggio rurale è caratterizzato da residui boschi di querceti e leccio misti a vegetazione spontanea mediterranea e dagli impianti ad alberello coltivati in piccoli appezzamenti di terreno, delimitati dai caratteristici muretti a secco. Nonostante la notevole piovosità e la buona insolazione estiva, il terreno piuttosto arido e siccitoso può rallentare la maturazione dell’uva, dando vita ad un vino fresco e di gradazione contenuta da consumare fin dalla primavera successiva alla vendemmia. Descrizione: Colore giallo verdolini o giallo paglierino chiaro. Odore delicato, caratteristico con leggeri sentori speziati; delicato profumo che aumenta con l’invecchiamento, scarsa vivacità. Sapore asciutto, armonico con retrogusto leggermente amarognolo. Titolo alcol. minimo: 11%. Abbinamenti: da aperitivo  e da tutto pasto, crostacei e frutti di mare, zuppa di cozze, pesce di mare bollito o alla griglia, seppie in umido, frittate e latticini freschi. Disciplinare: approvato DOC con Dpr 10.06.69  (G.U. 211 -19.08.69)

Vini

Bardolino DOC

Il Bardolino è prodotto delle colline moreniche della sponda orientale del lago di Garda che hannoavuto origine dai ghiacciai che modellarono il territorio, lasciando evidente traccia di sé in una seriedi rilievi collinari concentrici affacciati verso il Garda, dotati di suoli estremamente variabili, tendenzialmente ghiaiosi e profondi Ritrovamenti archeologici dell’età del bronzo, reperti romani per l’uso del vino nei riti religiosi, raffigurazioni di grappoli nelle chiese medioevali, documenti di compravendite di vigneti, nonché scritti di autori famosi del XV secolo, testimoniano la lunga ed ininterrotta tradizione vitivinicoladella zona del Bardolino.È nel XIX secolo che la produzione vinicola della zona incomincia ad essere identificata esplicitamente con il nome di “Bardolino”, con le prime analisi chimiche effettuate nel 1873. Come testimonia nel 1897 lo scrittore bresciano Giuseppe Solitro, “Tra i più reputati della regione sono quelli di Bardolino, che questo nome corron tutta l’Italia e competono con i migliori della penisola”.Giovanni Battista Perez, in un testo pubblicato nel 1900, descrive il vino “di tinta rosso-chiara” del distretto di Bardolino, soffermandosi sulle caratteristiche organolettiche della produzione delle varie località di quella che è l’attuale area del Bardolino.Il Bardolino è un vino di colore rosso rubino brillante, con profumi fruttati e fragranti e note di ciliegia, marasca, fragola, lampone, ribes, mora ed eleganti accenni di spezie (cannella, chiodo di garofano, pepe nero). Il gusto è asciutto, morbido, caratterizzato dalle medesime sensazioni di fruttarossa croccante e di piccolo frutto percepite all’olfatto, speziato, dotato di equilibrio, freschezza, e considerevole bevibilità. È, per eccellenza, uno vino quotidiano, giovanilmente brioso, dell’inimitabile sapore salino. Alcuni autori nei primi anni del 1900 caratterizzavano il Bardolino, come “salatino”, oppure “asciutto e leggero, dotato di una sottile sapidità”, peculiarità che tutt’oggi differenzia il Bardolino da vini simili ottenuti nelle zone limitrofe. Disciplinare: Approvato con DPR 28.05.1968 G.U. 186 – 23.07.1968

Vini

Locorotondo DOC

Per anni il vino è stato utilizzato dai piemontesi nella produzione del Vermout, ma a partire dal 1969 è diventato uno dei più promettenti vini bianchi di qualità pugliesi, citato anche da Mario Soldati e da Paolo Monelli insieme al Martina Franca. Il Verdeca sfrutta il terreno fresco e profondo del fondovalle della Valle d’Itria, fornendo al Locorotondo il profumo e il sapore; il Bianco d’Alessano, più rustico, vegeta e produce bene sui crinali poveri di stato coltivabile ma esposti al sole, conferendogli la stoffa e il corpo. Descrizione: Colore giallo paglierino (Riserva e Bianco d’Alessano) talvolta tendente al verdolino  (Locorotondo anche Superiore, Spumante, Verdeca) o con riflessi dorati (Fiano), giallo da paglierino intenso a dorato (Passito). Odore delicato, caratteristico (Locorotondo anche Superiore) e con leggeri sentori speziati (Riserva), delicato e fine (Spumante), persistente delicato (Verdeca) o fine (Bianco di Alessano), caratteristico, intenso (Passito) e persistente (Fiano). Sapore asciutto, armonico (Riserva) e con retrogusto leggermente amarognolo (Locorotondo anche Superiore), da extrabrut a dolce, sapido, fresco, fine e armonico (Spumante), dolce, armonico, vellutato e caratteristico (Passito), secco, equilibrato e fresco (Verdeca) o talvolta sapido (Bianco di Alessano), secco, armonico, caratteristico (Fiano). Titolo alcol. minimo 11% (Locorotondo anche Riserva, Spumante, Verdeca e Bianco di Alessano), 12% (Superiore), 11,5% (Fiano), 15% (Passito). Abbinamenti: antipasti di frutti di mare, minestre asciutte, piatti delicati a base di pesce o carni bianche, pizza, fritture e frittate. Disciplinare: approvato DOC con Dpr 10.06.69   (211 -19.08.69)

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