Puglia

Vini

San Severo DOC

Recenti scoperte archeologiche hanno evidenziato tracce di vigneti di età romana nei dintorni di San Severo, dove alcuni vigneti sono ancora impiantati col sistema ad alberello, metodo qui usato fino ai primi decenni del ‘900. Risale al 1200 l’arrivo del Bombino bianco, portato dai Templari al loro rientro dalla Terra Santa. La zona geografica coincide con l’Alto Tavoliere e fa parte della più ampia area della Daunia, le cui terre derivate dalla dissoluzione delle rocce emerse dal mare, ricche di potassio e relativamente povere di sostanza organica, sono ideali per la produzione di vini di pregio, in aggiunta all’ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre. Il paesaggio rurale è oggi caratterizzato da numerose masserie di medie e piccole dimensioni, con i vitigni a bacca bianca che preferiscono suoli leggeri, freschi e piuttosto calcarei, con una buona esposizione, e quelli a bacca rossa che prediligono terreni argilloso-calcarei, bene esposti e a clima caldo.Abbinamenti:  antipasti di frutti di mare, crostacei e pesci bolliti, fritti misti di pesce, uova, latticini freschi, verdure e carni bianche delicate con i Bianchi; paste con sughi di carne e carni di maiale con i Rossi e i Rosati; salumi piccanti, trippe in umido e formaggi di pecora stagionati con i Rossi. Disciplinare:  approvato DOC con Dpr 19.04.68 (G.U.138 -01.06.68)

Ricette

Tiella di riso, patate e cozze

Affonda le sue radici nella dominazione spagnola del ‘600 questo piatto un po’ insolito in una terra in cui è la pasta di farina di grano ad avere un ruolo predominante. La tiella è un tegame tipico, impiegato sia per la cottura che per la presentazione in tavola, che la tradizione vuole sia di terracotta, alto e di forma circolare. La ricetta è originaria della città di Bari ma viene preparata in tutta la Puglia, secondo la versione propria che ogni famiglia si tramanda da generazioni. C’è chi ci aggiunge i pomodori, il pecorino grattugiato o il pangrattato. Ideale sarebbe la cottura nel forno a legna. Ingredienti (per 4 persone):  1 kg di cozze, 500 gr di patate, 300 gr di riso Vialone Nano o Carnaroli, 1 spicchio di aglio, cipolla, prezzemolo, olio evo, pepe. Preparazione:  Lavate e spazzolate bene le cozze in abbondante acqua, ponetele in un tegame insieme all’aglio tritato e lasciatele aprire sul fuoco. Eliminate i gusci filtrando il loro liquido. Lavate, sbucciate e affettate le patate; con una metà ricoprite il fondo di una teglia, già unto di olio, e conditele con pepe, prezzemolo e cipolla tritate. Versate il riso, unite i molluschi e le patate rimaste assieme al trito di cipolla e prezzemolo restante. Pepate, aggiungete un po’ d’olio e ricoprite il tutto con acqua (o meglio, brodo bollente di pesce) mescolata a quella di cottura delle cozze. Ponete la teglia in forno già caldo e fate cuocere, a fuoco medio, per circa 45 minuti

Ricette, Tradizioni

Ciceri e tria

Ciceri e tria sono un primo piatto tipico della tradizione salentina a base di ceci e pasta di semola digrano duro. Tra tutte le cucine regionali italiane, quella salentina è senz’altro la cucina mediterranea per antonomasia. Proprio per questo, affascina e sorprende con un universo di cose buone e salutari che si combinano magicamente in una miriade di ricette facilmente replicabili. Anche in fatto di pasta, gli ingredienti non sono altro che: farina di grano o orzo poco raffinati, acqua, sale. E via con orecchiette, “minchiareddi” (maccheroni), “sagne ‘ncannulate” (sorta di tagliatelle attorcigliate), cavatelli e “tria”.. appunto Ingredienti per 6 personePer la pasta 300 grammi di farina di grano duro,acquaPer il condimento:300 grammi di ceci, costa di sedano,1 spicchio d’aglio1 carota,1 pomodoro,poche foglie di prezzemolomezzo bicchiere d’olio extra-vergine d’oliva, sale,pepePreparazione:Per la pasta (detta appunto tria) mischiate acqua e farina fino ad ottenere un impasto compatto ed elastico. Stendete una sfoglia sottile e ritagliate delle strisce come piccole tagliatelle. Tenete a bagno i ceci dalla sera prima, e la mattina metteteli in una pentola con gli odori, coprendoli almeno di due dita d’acqua e avendo cura, durante la cottura, di controllare che il suo livello rimanga sempre costante, aggiungendone altra quando sia necessario, sempre molto calda. Fate cuocere a fiamma dolce per almeno tre ore, salate per ultimo. In un pentolino mettete l’olio e friggete, fino a dorarlo, un terzo della “tria”.Aggiungete nella pentola dei ceci la rimanente pasta e portate a cottura rimestando attentamente. Prima di servirla, aggiungete la tria già fritta insieme al suo olio e continuate la cottura per un minuto. Spegnete, versate un filo d’olio e macinate del pepe bianco. tratto da “Il Gusto del Tacco” di A.M. Chirone Arnò

Vini

Martina Franca DOC

Martina Franca DOC è “gemella” del Locorotondo e prende il nome dall’omonimo comune, che si narra sia stato fondato nel 1300 quando Filippo I D’Angiò, per allontanare banditi e bestie feroci, decise di edificare una cittadella fortificata sul punto più alto di monte San Martino e per popolarla la rese zona franca dalle tasse. La zona geografica del Martina Franca DOC, delimitata dal disciplinare di produzione è denominata Valle d’Itria e fa parte della più ampia area della Murgia, cosiddetta “dei Trulli”. Terra di viandanti, nel corso della storia, e votata all’agricoltura fino ai nostri giorni, grazie anche alla tipica terra rossa, parzialmente argillosa e sabbiosa. Qui il paesaggio rurale è caratterizzato da residui boschi di querceti e leccio misti a vegetazione spontanea mediterranea e dagli impianti ad alberello coltivati in piccoli appezzamenti di terreno, delimitati dai caratteristici muretti a secco. Nonostante la notevole piovosità e la buona insolazione estiva, il terreno piuttosto arido e siccitoso può rallentare la maturazione dell’uva, dando vita ad un vino fresco e di gradazione contenuta da consumare fin dalla primavera successiva alla vendemmia. Descrizione: Colore giallo verdolini o giallo paglierino chiaro. Odore delicato, caratteristico con leggeri sentori speziati; delicato profumo che aumenta con l’invecchiamento, scarsa vivacità. Sapore asciutto, armonico con retrogusto leggermente amarognolo. Titolo alcol. minimo: 11%. Abbinamenti: da aperitivo  e da tutto pasto, crostacei e frutti di mare, zuppa di cozze, pesce di mare bollito o alla griglia, seppie in umido, frittate e latticini freschi. Disciplinare: approvato DOC con Dpr 10.06.69  (G.U. 211 -19.08.69)

I Tipici

Pane di Altamura DOP

Il Pane di Altamura DOP ha un sapore unico e inimitabile, frutto della tipica lavorazione artigianale, tramandata dall’antica tradizione, ma anche delle specifiche condizioni climatiche e ambientali in cui viene prodotto. Il pane di Altamura e’ ufficialmente il primo prodotto in Europa a fregiarsi del marchio DOP nella categoria merceologica ”Panetteria e prodotti da forno”. DOP significa: “Denominazione Origine Protetta”, DOP Nel panorama degli oltre 1000 varietà di pane prodotti in Italia (fonte INSOR) solo il Pane di Altamura beneficia del riconoscimento DOP europeo. E’ prodotto solo all’interno della zona d’origine con grano raccolto esclusivamente nella zona d’origine. Ogni forma è garantita dal Consorzio di Tutela. Così, al momento della scelta siete certi che il Pane di Altamura è una deliziosa genuinità. Di Pane di Altamura così ce n’è uno solo. Il tipico Pane di Altamura dalle inconfondibili qualità alimentari, unico per fragranza e sapore: colore giallo, crosta croccante, mollica soffice e porosa, lunga conservabilità. Il pane di Altamura si ottiene dall’impasto di semola di grano duro rimacinata delle varietà appulo, arcangelo, duilio e simeto. Le sue origini sono antiche e legate al mondo e alle tradizioni contadine della zona. Il metodo di lavorazione e gli ingredienti sono ancora quelli utilizzati in passato: una matrice di lievito chiamato anche pasta acida, sale marino e acqua. La lievitazione è di tipo naturale e la cottura avviene in forni a legna. La forma del pane è piuttosto grande e tradizionalmente si presenta accavallata.Il pane di Altamura era particolarmente apprezzato per la sua capacità di resistere morbido, fragrante e gustoso per giorni e giorni, peculiarità che, unita alle componenti nutrizionali, ne faceva in passato l’alimento principe delle tavole degli agricoltori della zona. .  La denominazione di origine protetta “Pane di Altamura” è propria del pane ottenuto mediante l’antico sistema di lavorazione (a lievito madre o pasta acida-sale marino-acqua) e dall’impiego di semole rimacinate di varietà di grano duro coltivato nei territori dei comuni della Murgia nord-occidentale Il pane prodotto è considerato di qualità “unica”, perché derivato da ottimi grani duri, ottenuti in un ambiente con specifici fattori geografico-ambientali, da cui è caratterizzato il territorio della Murgia nord-occidentale e dall’impiego di acqua potabile normalmente utilizzata sul territorio   In passato il pane era impastato in casa e portato al forno dove, prima della cottura, veniva marchiato a fuoco con un ferro recante le iniziali del capofamiglia che aveva prodotto la pasta. Si utilizza anche secco per preparare un piatto povero tradizionale, la “cialled” fatto col pane bagnato in un brodo di verdure, cipolla ed aglio, condito poi con olio extravergine d’oliva e peperoncino.

I Tipici

Canestrato Pugliese DOP

La vocazione silvo-pastorale dell’Alta Murgia ha una storia millenaria che si intreccia con quella del canestrato pugliese, legato alla transumanza delle greggi da dicembre a maggio tra le montagne dell’Abruzzo e il Tavoliere delle Puglie. Tipico delle province di Foggia e Bari, deve il suo nome ai canestri di giunco, le cosiddette fiscelle, dentro i quali  trascorre la prima parte della stagionatura e che sono uno dei prodotti piú tradizionali dell’artigianato locale . Il suo nome deriva dai canestri di giunco pugliese, entro cui lo si fa stagionare, i quali sono uno dei prodotti più tradizionali dell’artigianato locale L’ arte casearia che dà origine a questo prodotto ha fatto sì che esso divenisse un alimento tipico con il marchio DOP con D.p.r. del 10 set. 1985 e a Denominazione di origine protetta nel 1996 con il reg. n.1107/96 Descrizione:  Formaggio stagionato a pasta dura non cotta prodotto esclusivamente con latte di pecora intero proveniente da una o due mungiture giornaliere. La crosta di colore marrone tendente al giallo, più o meno rugosa dura e spessa, viene trattata con olio di oliva miscelato ad aceto di vino. Il colore della pasta è di colore giallo paglierino più o meno intenso in relazione alla stagionatura, che i protrae da 2 a 10 mesi in locali freschi debolmente ventilati. La pasta ha struttura compatta alquanto friabile, discretamente fondente, e sapore piccante caratteristico piuttosto marcato. E’ un ottimo formaggio da tavola insieme a fave, pere o verdure crude in pinzimonio  e vini bianchi o rosati secchi quando è più giovane; accompagnato da sedano, cicoria, olive nere e ravanelli e servito, scheggiato dalla forma, insieme a vini rossi strutturati ed invecchiati, se è più stagionato. Ma trova la sua massima espressione, quando la maturazione non è inferiore a 6 mesi, grattugiato su piatti di pasta asciutta al ragú di carne o di involtini.  Disciplinare

Vini

Locorotondo DOC

Per anni il vino è stato utilizzato dai piemontesi nella produzione del Vermout, ma a partire dal 1969 è diventato uno dei più promettenti vini bianchi di qualità pugliesi, citato anche da Mario Soldati e da Paolo Monelli insieme al Martina Franca. Il Verdeca sfrutta il terreno fresco e profondo del fondovalle della Valle d’Itria, fornendo al Locorotondo il profumo e il sapore; il Bianco d’Alessano, più rustico, vegeta e produce bene sui crinali poveri di stato coltivabile ma esposti al sole, conferendogli la stoffa e il corpo. Descrizione: Colore giallo paglierino (Riserva e Bianco d’Alessano) talvolta tendente al verdolino  (Locorotondo anche Superiore, Spumante, Verdeca) o con riflessi dorati (Fiano), giallo da paglierino intenso a dorato (Passito). Odore delicato, caratteristico (Locorotondo anche Superiore) e con leggeri sentori speziati (Riserva), delicato e fine (Spumante), persistente delicato (Verdeca) o fine (Bianco di Alessano), caratteristico, intenso (Passito) e persistente (Fiano). Sapore asciutto, armonico (Riserva) e con retrogusto leggermente amarognolo (Locorotondo anche Superiore), da extrabrut a dolce, sapido, fresco, fine e armonico (Spumante), dolce, armonico, vellutato e caratteristico (Passito), secco, equilibrato e fresco (Verdeca) o talvolta sapido (Bianco di Alessano), secco, armonico, caratteristico (Fiano). Titolo alcol. minimo 11% (Locorotondo anche Riserva, Spumante, Verdeca e Bianco di Alessano), 12% (Superiore), 11,5% (Fiano), 15% (Passito). Abbinamenti: antipasti di frutti di mare, minestre asciutte, piatti delicati a base di pesce o carni bianche, pizza, fritture e frittate. Disciplinare: approvato DOC con Dpr 10.06.69   (211 -19.08.69)

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